costruzioneOggi l’abitazione pesa quasi la metà del budget delle famiglie non alimentare contro il 31% del 1994. Bella: “il baricentro si sposta dalle spese libera a quelle obbligate”.

 

Riflessivo, consapevole, con i prodotti di base nel carrello, ma una «Ypsilon io» superaccessoriata in garage e un pc sulla scrivania, con tanto di browser Netscape. Siamo nel 1994, all’indomani della crisi che ha portato alla svalutazione della lira e ha marcato le distanze dall’edonismo degli anni 80. Vent’anni dopo lo stesso carrello contiene cibi pronti e yogurt probiotico. Il consumatore è diventato più esigente, maturo e pragmatico, ma al tempo stesso la crisi gli ha imposto una nuova sobrietà. E’ iperconnesso con il mondo, che assaporane nei ristoranti etnici e con i viaggi low cost, mentre in garage ora esibisce un’auto ibrida.

 

Vent’anni sono passati e il consumatore-tipo ha cambiato pelle. Lo dicono i dati Istat sulle categorie della spesa per i consumi: quella alimentare si è ridotta di oltre 4 punti percentuali, mentre ha guadagnato sempre più terreno la spesa per i servizi e quella “obbligata”. Il Paese invecchia, la famiglia si restringe- si passa da 2,8 a2,4 componenti in media – e il reddito si assottiglia. Si consumano meno carne (-34% dal 1994 al 2014) e grassi (-2,2%) , più pesce ( 1,1%) , frutta e verdura ( 7 per cento), in nome del salutismo ma anche delle esigenze anagrafiche. L’abbigliamento può aspettare (-34%), ma si spende di più per la salute ( 1,5%) e per la casa. Secondo i dati Istat questa voce è passata dal 31,1% del 1994 al44,4% della spesa non alimentare nel 204….

 

«Il baricentro- afferma il direttore del centro Studi di Confcommercio Mariano Bella – si sposta dalle spese libere a quelle obbligate, che riguardano l’abitazione, la sanità, le assicurazioni, i carburanti e la protezione sociale. Tanto che oggi l’indice delle possibilità effettive di scelta, ovvero il reddito disponibile al netto dei consumi obbligati è ai minimi storici».

 

Secondo le elaborazioni di Confcommercio a soffrire di più in questi 20 anni sono state le spese perla cura di sé, per la mobilità e le relazioni (-3% circa), mentre la tecnologia e i consumi fuori casi sono cresciuti del 2 per cento. «La crisi ci ha dispensato una lezione e l’abbiamo appresa – conclude Paltrinieri – ed è probabile che la sobrietà resti alla base dei comportamenti di consumo anche nei prossimi anni».