Cannabis light, la Cassazione blocca la vendita di prodotti derivati. La decisione, che investe un settore in piena espansione, è stata presa dalle sezioni unite penali presiedute dal Presidente aggiunto Domenico Carcano.
Un settore in piena espansione piegato alle regole della politica spicciola, delle promesse e della retorica.
La propaganda di Matteo Salvini non si preoccupa, infatti, di bloccare un settore in piena espansione.
“Spiace per posti di lavoro, ma siamo contro qualsiasi tipo di droga, senza se e senza ma”.
Che a Salvini importi davvero di questi posti di lavoro, tuttavia, viene il dubbio.
Comunque sia, cosa cambia con la Sentenza della Cassazione?
Cannabis light, la Cassazione blocca tutto
Secondo l’interpretazione delle Sezioni Unite, la legge non consente la vendita o la cessione a qualunque titolo dei prodotti «derivati dalla coltivazione della cannabis», come l’olio, le foglie, le infiorescenze e la resina.
Diversi sequestri nei cannabis shop erano finiti all’esame della Cassazione, e le decisioni erano state contrastanti.
Per questo, quando la procura di Ancona ha fatto ricorso sul dissequestro dei prodotti presi dalla polizia, la parola è passata alle sezioni unite, per dare una interpretazione univoca. Il contrasto nasceva dalla legge 242 del 2016, che ha autorizzato le coltivazioni di canapa con un livello di tetraidrocannabinolo, il principio attivo della canapa, fino allo 0,6 per cento.
Un reato dunque, ma non chiaro nemmeno fino a che punto.
Infatti, vendere questi «derivati» – sui quali è nato un fiorente business – è reato «salvo che tali prodotti siano privi di efficacia drogante». Una valutazione che dovrà essere fatta caso per caso dai giudici di merito che devono stabilire se sequestrare o meno questa merce.
Soddisfatto il questore Antonio Pignataro, «per una sentenza che tiene conto dei ragazzi». Ma l’avvocato Carlo Alberto Zaina, legale di Castignani, ritiene che la questione non sia affatto chiara.
Problema risolto? La risposta è no.