L’applicazione delle norme a regime porterebbe un taglio dell’organico delle Camere di Commercio? La riduzione degli organici dovrebbe portare a corrispondenti risparmi di spesa e poggerebbe sulla razionalizzazione degli uffici che svolgono funzioni di supporto e strumentali (gestione del personale, ragioneria, affari generali) o che rappresentino duplicazioni o sovrapposizioni di compiti.
Il riordino dovrebbe essere scritto e approvato dalle Camere di Commercio entro 90 giorni dall’entrata in vigore delle misure in questione. Quanto alle Camere di Commercio che nasceranno dagli accorpamenti (il decreto prevede di passare da 105 a 60), i piani di razionalizzazione dovrebbero essere adottati entro tre mesi dall’insediamento dei nuovi Consigli camerali e, sempre a regime, la stretta dovrebbe consentire una riduzione del personale che svolge funzioni di supporto e strumentali di almeno il 25%. La riduzione della pianta organica, però, dovrebbe avvenire senza licenziamenti, ma attraverso un blocco delle assunzioni e l’eventuale ricorso alla mobilità.
Rete Imprese Italia esprime la più viva preoccupazione per il futuro delle Camere di Commercio e invita il Governo a valutare con attenzione la necessaria riforma che sta per trovare attuazione nei decreti del ministro Madia.
Rete Imprese Italia esprime la piu’ viva preoccupazione per il futuro delle Camere di Commercio e invita il Governo a valutare con attenzione la necessaria riforma che sta per trovare attuazione nei decreti del ministro Madia. Le Camere, governate attraverso forme di democrazia economica, devono essere strumento per la promozione e lo sviluppo delle economie locali, delle loro comunita’ di imprese che necessitano di sostegno per l’ accesso al credito, per la creazione di reti, per l’ internazionalizzazione.
Proprio per queste funzioni insostituibili, organismi come le Camere di Commercio italiane esistono in tutti i Paesi Ocse e in tutta l’Unione Europea. Le Camere di Commercio non devono essere ridotte alla mera funzione, pur indispensabile, di soggetti con compiti anagrafico-certificativi. Le Camere si possono e si devono riformare con l’obiettivo di dare maggiore efficienza alla loro attivita’ e risposte utili alle necessita’ delle imprese del territorio.
“Il punto critico della distribuzione capillare della pmi in Italia è che ricevono credito solo per il 19,6% per impieghi bancari. Questa difficoltà del credito per le imprese fino a 20 dipendenti la identifichiamo come un fallimento del mercato perché le banche non riescono a far pervenire credito a queste imprese che hanno oltre il 40% del valore aggiunto”. Lo ha detto Rete Imprese Italia in audizione nelle commissioni Finanze e Attività produttive della Camera. “La difficoltà dell’accesso al credito – ha detto il rappresentante del soggetto unitario di rappresentanza delle pmi e dell’impresa diffusa – secondo noi è dovuto a Basilea I, II, e III perché i meccanismi sono imperniati su imprese strutturate”. Rete Imprese Italia chiede poi il mantenimento dello Sme supporting factor per le pmi, perché “con la sua abolizione si determinerebbe una difficoltà assai forte di rimanere sul mercato”.
Lo Sme supporting factor è un fattore di ponderazione da applicare ai soli finanziamenti alle piccole e medie imprese che permette di compensare l’ aumento dei requisiti di capitale imposto dalla nuova regolamentazione lasciandolo invariato al livello pre-crisi dell’ 8% (mentre attualmente sul mercato si trova già al 10,5%). Rete imprese chiede anche “la possibilità di applicare alle piccole imprese con meno di 50 dipendenti” un fattore di ponderazione “che scenda dall’attuale 76% al 50%. In questo modo si possono ottenere 10 miliardi di credito aggiuntivo per le piccole imprese”.