La Camera dei Deputati, all’interno del pacchetto di misure introdotte dal ddl sicurezza, introduce una nuova fattispecie di reato: l’occupazione abusiva di immobili destinati a residenza altrui.
Questa novità è sancita dall’articolo 634-bis del codice penale, parte integrante dell’articolo 10 della nuova normativa. Ma cosa implica esattamente questo cambiamento?
Il concetto di “occupazione abusiva” a livello giuridico
Nel sistema giuridico italiano, l’occupazione abusiva di un immobile è già riconosciuta come illecito civile, che comporta l’obbligo di restituzione e il risarcimento dei danni da parte dell’autore. Tuttavia, è anche considerata reato. La giurisprudenza ha stabilito che il reato consiste nell’introduzione arbitraria su un terreno altrui, con l’intento di esercitare un controllo che esclude, in tutto o in parte, il legittimo rapporto del proprietario o di terzi sul bene, traendone un qualsiasi vantaggio. Il fulcro della norma non è la violazione di un diritto formale, ma piuttosto la lesione di un rapporto di fatto, come definito dall’articolo 1140 del codice civile.
Importante notare che, secondo la Cassazione, il concetto di “invasione” non implica necessariamente l’uso di violenza, ma piuttosto l’introduzione arbitraria, senza il diritto di accesso. È stata inoltre stabilita l’assenza del reato qualora l’occupante sia entrato legittimamente in possesso del bene. Un esempio è il subentro nell’uso di un appartamento pubblico con l’autorizzazione del precedente detentore, anche se privo dei requisiti per l’assegnazione, condizione rilevante solo ai fini amministrativi e civilistici.
Cosa cambia con l’approvazione della camera del nuovo reato di “occupazione abusiva di immobili”?
La novità più rilevante introdotta dall’articolo 634-bis del codice penale riguarda l’inasprimento delle sanzioni per chi si rende responsabile di occupazioni abusive di immobili, soprattutto in presenza di violenza o minacce. In particolare, chiunque occupi o detenga senza titolo un immobile destinato a residenza altrui, o impedisca ai legittimi proprietari o detentori di rientrare nella propria abitazione, può essere condannato a una pena detentiva che varia dai due ai sette anni di reclusione. Questa elevata cornice sanzionatoria sottolinea l’intento del legislatore di contrastare in maniera severa un fenomeno spesso associato a situazioni di disagio sociale, ma che, in alcuni casi, si è trasformato in una vera e propria piaga legata alla criminalità organizzata o a gruppi che sfruttano l’occupazione a fini speculativi.
La legge non si limita a punire chi occupa abusivamente un immobile con l’uso della forza, ma estende la punibilità anche a chi si impossessa dell’immobile attraverso l’inganno o l’uso di artifizi. Ciò comprende, ad esempio, il caso di soggetti che, pur non utilizzando direttamente la violenza, approfittano di situazioni di vulnerabilità o di scarsa vigilanza per prendere il controllo di una proprietà altrui. Anche il passaggio di mano dell’immobile occupato, tramite cessione o vendita a terzi, rientra nella sfera di punibilità. Questo mira a colpire in modo particolare il fenomeno delle occupazioni che diventano oggetto di speculazione, in cui immobili occupati illegalmente vengono ceduti in cambio di denaro o altre utilità, creando un mercato illecito e penalizzando ulteriormente i legittimi proprietari.
L’articolo 321-bis, inoltre, introduce una procedura che consente alle forze dell’ordine di agire in maniera più rapida per lo sgombero degli immobili occupati, su ordine di un giudice. Questa disposizione rappresenta un significativo potenziamento degli strumenti a disposizione delle autorità. In passato, i processi di sgombero potevano essere lunghi e complicati, lasciando i proprietari privi del loro immobile per lunghi periodi, anche in presenza di una sentenza di sfratto. Con l’introduzione di questa misura, l’obiettivo è quello di accorciare i tempi di esecuzione, consentendo un intervento tempestivo che riduca i disagi per i proprietari e ripristini rapidamente la legalità. Tuttavia, l’autorizzazione del giudice rimane una garanzia fondamentale, in quanto tutela il diritto alla difesa e il corretto svolgimento delle procedure giudiziarie.
Durissime critiche dalle opposizioni
La legge, tuttavia, ha suscitato numerose critiche, soprattutto dalle opposizioni. Gianni Cuperlo, deputato del Partito Democratico, ha espresso preoccupazione per il rischio che proteste pacifiche, come quelle degli studenti, possano rientrare nella nuova fattispecie di reato. Arturo Scotto ha richiamato alla memoria le lotte dei lavoratori, mentre Laura Boldrini ha definito la norma “liberticida” verso chi protesta per i propri diritti, includendo anche gli attivisti ambientalisti.
Anche rappresentanti di Alleanza Verdi e Sinistra e del Movimento 5 Stelle hanno sollevato obiezioni: Angelo Bonelli ha denunciato la misura come una minaccia alla democrazia, citando come esempi le proteste degli operai della Whirlpool e dell’ex Ilva. Infine Stefania Ascari (M5S) ha dichiarato che la nuova legge potrebbe portare all’incriminazione di chi, come lei, sostiene i lavoratori nelle loro battaglie.
Quali sono le criticità di questo nuovo reato?
Il nuovo reato introdotto dall’articolo 634-bis del codice penale solleva diverse criticità che meritano un’analisi approfondita, in quanto potrebbe comportare conseguenze problematiche sia sul piano giuridico che sociale.
Rischio di criminalizzazione delle proteste sociali e politiche
Uno dei principali timori espressi dalle opposizioni e da alcune organizzazioni della società civile è che la nuova norma possa colpire non solo i casi di occupazioni criminali, ma anche forme di protesta legittima. La formulazione del reato, che prevede pene severe per chi occupa immobili destinati a residenza altrui, potrebbe essere interpretata in modo estensivo, includendo situazioni in cui gruppi di lavoratori, studenti o attivisti occupano edifici o spazi pubblici nell’ambito di manifestazioni. Il rischio è che si vada a criminalizzare il dissenso sociale, limitando il diritto alla protesta pacifica, soprattutto in un contesto di crescenti tensioni economiche e sociali.
Le critiche sollevate da esponenti della sinistra politica e da rappresentanti di movimenti come Alleanza Verdi e Sinistra e Movimento 5 Stelle mettono in evidenza come, in passato, proteste come quelle dei lavoratori dell’Ilva o della Whirlpool abbiano visto l’occupazione temporanea di spazi pubblici o privati come forma di rivendicazione. L’applicazione rigida della nuova legge potrebbe comportare pene sproporzionate per coloro che partecipano a queste manifestazioni, minacciando il diritto costituzionale alla libertà di espressione.
Pena sproporzionata rispetto al reato?
Le sanzioni previste, che vanno da due a sette anni di reclusione, appaiono particolarmente severe, se confrontate con altre fattispecie di reato. In un ordinamento che prevede pene simili per reati gravi come l’aggressione fisica o la rapina, punire con la reclusione un’occupazione abusiva potrebbe essere considerato sproporzionato, soprattutto nei casi in cui non siano coinvolti atti di violenza o minaccia reale.
La severità della pena rischia di non considerare adeguatamente la distinzione tra situazioni di necessità e casi di effettivo abuso. In Italia, infatti, molte occupazioni sono legate alla mancanza di alloggi accessibili o alla necessità di trovare soluzioni abitative temporanee. Colpire queste realtà con pene così elevate rischia di aggravare situazioni di disagio sociale piuttosto che risolverle.
Margine di discrezionalità nell’applicazione
L’articolo 634-bis introduce una formulazione che potrebbe lasciare ampio margine di discrezionalità nell’applicazione. Espressioni come “violenza o minaccia” possono essere interpretate in modo molto estensivo dalle autorità giudiziarie, includendo comportamenti che non rappresentano una reale violenza fisica o minaccia diretta.
Ad esempio, la resistenza passiva durante uno sgombero o il rifiuto di lasciare un immobile potrebbe essere considerato sufficiente a far scattare la punibilità, anche in assenza di atti violenti o minacciosi. Questa ambiguità potrebbe comportare applicazioni eterogenee della norma, con il rischio di creare disparità di trattamento tra situazioni simili.
Intervento immediato delle forze dell’ordine
L’introduzione dell’articolo 321-bis, che consente un intervento rapido delle forze dell’ordine per lo sgombero di immobili, solleva ulteriori preoccupazioni. Se da un lato la norma punta a tutelare i legittimi proprietari, dall’altro rischia di accelerare procedimenti di sgombero senza considerare adeguatamente le situazioni di vulnerabilità delle persone coinvolte.
Un’intervento rapido può compromettere il diritto alla difesa e la possibilità di trovare soluzioni alternative per gli occupanti. In situazioni di emergenza abitativa o di occupazioni legate a esigenze temporanee, come quella di famiglie indigenti, un intervento immediato potrebbe aggravare la marginalizzazione sociale, spingendo queste persone in condizioni ancora più precarie.
Inadeguatezza nel contrastare fenomeni di occupazione organizzata
Nonostante l’obiettivo dichiarato della norma sia contrastare fenomeni di speculazione e occupazione organizzata, il testo del reato sembra mirare a un ampio spettro di occupanti, senza fare una distinzione chiara tra chi occupa per necessità e chi lo fa per profitto.
Il rischio è che la legge colpisca in modo indiscriminato, lasciando invece intatti quei gruppi criminali che sfruttano le occupazioni per lucrare su affitti illegali o per altri fini illeciti. In particolare, mancano misure specifiche volte a colpire l’organizzazione di queste reti criminali, che spesso operano con metodi sofisticati e che non verrebbero necessariamente scoraggiate da una legge rivolta a chi occupa direttamente l’immobile.
Impatto sociale e mancato focus sulle cause
Infine, una delle critiche più rilevanti è che la legge sembra concentrarsi sulla punizione piuttosto che sull’affrontare le cause alla radice del problema delle occupazioni abusive. In Italia, la carenza di alloggi accessibili e politiche abitative inadeguate hanno portato molte persone a cercare soluzioni di emergenza, compresa l’occupazione di immobili vuoti.
L’introduzione di pene più severe, senza un parallelo potenziamento delle politiche sociali e delle soluzioni abitative, rischia di essere una risposta parziale e inefficace, che punisce le conseguenze del problema ma non ne affronta le cause strutturali. Risolvere il fenomeno dell’occupazione abusiva richiederebbe politiche mirate che aumentino l’accesso a case popolari, incentivi all’affitto agevolato e soluzioni per le fasce più deboli della popolazione.