pressione fiscalePer l’agevolazione prima casa rileva la residenza del nucleo familiare qualora l’acquisto sia effettuato da due coniugi in regime di comunione legale dei beni (potendo i due coniugi avere residenze diverse). Spetta, dunque, al contribuente fornire la prova che nell’immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza ai fini tributari. È quanto affermato dalla suprema Corte con la sentenza n. 13334 del 28 giugno 2016.

 

Ma il trasferimento di uno solo dei coniugi è elemento di per sé irrilevante e insufficiente per affermare che nell’immobile sia stata stabilita la dimora abituale del nucleo familiare.

 

La vicenda processuale

 

Due coniugi acquistano un immobile in regime di comunione dei beni, richiedendo le agevolazioni prima casa. L’ufficio, con avviso di liquidazione, recupera le ordinarie imposte di registro, ipotecaria e catastale su detto acquisto agevolato (limitatamente alla quota del 50% spettante a uno dei due coniugi) sul presupposto che uno dei due acquirenti non ha trasferito, nel termine di diciotto mesi dall’acquisto, la propria residenza nel comune di ubicazione dell’immobile.

 

Sia la Ctp che la Ctr rigettano il ricorso del contribuente.

 

La Commissione regionale, in particolare, osserva che entrambi i coniugi hanno dichiarato nell’atto di acquisto che intendevano trasferire la propria residenza nell’immobile, mentre solo la moglie vi ha provveduto e, dunque, l’agevolazione non spetta per la quota del marito. Rileva, altresì, la Ctr che il contribuente ha affermato che, per fruire delle agevolazioni, non è necessario il requisito della residenza di entrambi i coniugi, essendo rilevante la residenza effettiva riferita al nucleo familiare, e, tuttavia, egli non ha documentato la composizione del nucleo familiare.

 

Ricorre in Cassazione il contribuente censurando, sotto il profilo della violazione di legge, la statuizione della Ctr, laddove ha subordinato l’agevolazione prima casa alla circostanza che entrambi i coniugi trasferissero la residenza nel comune di ubicazione dell’immobile, in quanto ciò che rileva è il requisito della residenza della famiglia in detto comune, potendo i coniugi avere residenze diverse.

 

La pronuncia della Cassazione

 

La suprema Corte, nell’affermare che l’agevolazione prima casa – nell’ipotesi di acquisto da parte di due coniugi in regime di comunione legale – va ancorata al requisito della residenza della famiglia (come soggetto autonomo rispetto ai coniugi), ha rigettato il ricorso del contribuente, con valutazione di merito incensurabile in sede di legittimità, non avendo questi provato che l’immobile fosse stato adibito a residenza familiare, poiché neppure risultava quale fosse la composizione del nucleo familiare.

 

Osservazioni

 

Confermato, dunque, il più recente orientamento di legittimità (Cassazione nn. 25889 e 16355 del 2015) secondo cui, ai fini dell’agevolazione prima casa, nell’ipotesi di acquisto compiuto da due coniugi in regime di comunione legale, il requisito della residenza va riferito alla famiglia, quale soggetto autonomo rispetto ai coniugi. Trattasi invero di un’interpretazione estensiva del dato letterale, che trova la sua ratio nella tutela costituzionale della famiglia di cui all’articolo 29 della Costituzione, in base al quale “la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio”.

 

In detta prospettiva costituzionalmente orientata, pertanto, assume rilievo il requisito della residenza della famiglia (rispetto a quella dei singoli coniugi) cui ancorare la fruibilità del beneficio prima casa. Considerato che l’articolo 144 cc consente ai coniugi di concordare tra loro l’indirizzo della vita familiare e fissare la residenza della famiglia secondo le esigenze di entrambi e quelle preminenti della famiglia stessa, il metro di valutazione dei requisiti per ottenere il beneficio deve essere diverso in considerazione della presenza di un’altra entità, quale la famiglia. Per cui ove l’immobile acquistato sia adibito a soddisfare le esigenze della famiglia, non rileva la diversa residenza di uno dei due coniugi che abbiano acquistato in regime di comunione, essendo essi tenuti non a una comune sede anagrafica ma alla coabitazione. Se è ben vero che è sufficiente che uno solo dei due coniugi abbia trasferito la residenza nell’immobile, ciò che rileva ai fini della concessione dell’agevolazione è che nell’immobile si realizzi la coabitazione dei coniugi, trattandosi di un elemento adeguato a soddisfare il requisito della residenza.

 

Se da un lato la suprema Corte, in via interpretativa, amplia il perimetro di concedibilità dell’agevolazione in parola, dall’altro lato non solo subordina detta fruibilità alla condizione che l’acquisto avvenga in comunione di beni, ma altresì grava il contribuente dell’onere di fornire la prova del requisito della residenza della famiglia (da intendersi come aggregazione affettiva di soggetti tra loro legati da vincoli di coniugio e parentela) in termini di coabitazione nell’immobile acquistato come “prima casa”.

 

Nel caso di specie, pertanto, la Ctr, con valutazione di merito incensurabile in sede di legittimità, ha ritenuto che il contribuente non ha provato che l’immobile, per il quale sono state chieste le agevolazioni, sia adibito a residenza familiare poiché neppure risulta quale sia la composizione del nucleo familiare. In detta prospettiva, la mera circostanza che la moglie abbia trasferito la residenza nell’immobile è elemento di per sé irrilevante e insufficiente per affermare che colà sia stata stabilita dai coniugi la residenza della famiglia.