Un approfondimento, curato dal Dottor Stefano Saracchi, dedicato ai Bitcoin e alla fattispecie del reato di autoriciclaggio.
L’autoriciclaggio
L’articolo 648 ter1 del codice penale prevede “la pena della reclusione da due a otto anni e della multa da euro 5.000 a euro 25.000 a chiunque, avendo commesso o concorso a commettere un delitto impiega, sostituisce, trasferisce, in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative, il denaro, i beni o le altre utilità provenienti dalla commissione di tale delitto, in modo da ostacolare concretamente l’identificazione della loro provenienza delittuosa”.
Inoltre “la pena è aumentata quando i fatti sono commessi nell’esercizio di un’attività bancaria o finanziaria o di altra attività professionale.”
Va premesso che il reato di autoriciclaggio ha natura istantanea ovvero la consumazione della condotta illecita avviene e si esaurisce in un lasso di tempo ristretto: nella fattispecie sono “le condotte di impiego, sostituzione o trasformazione di beni costituenti l’oggetto materiale del delitto presupposto”.
È quindi evidente che il reato tende all’obiettivo di occultare la provenienza delittuosa di denaro, beni o altre utilità. Il dettato della norma, tuttavia, richiede non solo l’occultamento del “bene” ma anche il suo impiego in attività economiche, finanziarie, imprenditoriali o speculative.
La sentenza della Corte di Cassazione del 13 luglio 2022
Una recentissima sentenza della Corte di Cassazione [1] stabilisce che “integra il delitto di autoriciclaggio la condotta di chi, in qualità di autore del delitto presupposto di truffa, impieghi le somme accreditategli dalla vittima trasferendole, con disposizione “on line”, su un conto intestato alla piattaforma di scambio di “bitcoin” per il successivo acquisto di tale valuta, così realizzando l’investimento di profitti illeciti in operazioni finanziarie a fini speculativi, idonee a ostacolare la tracciabilità dell’origine delittuosa del denaro.”
Infatti, per la Suprema Corte, la moneta virtuale non può essere esclusa dall’ambito degli strumenti finanziari e speculativi utili a perfezionare il reato previsto e punito dall’articolo 648 ter1 del codice penale. È di tutta evidenza che le valute virtuali possono essere strumenti non solo di pagamento ma di riserva di valore ai fini sia del risparmio sia dell’investimento. Un indicatore emblematico della speculatività dello strumento è la sua volatilità nelle quotazioni finanziarie: se si osserva infatti il trend di mercato degli ultimi 5 anni, il valore del Bitcoin oscilla dai 2.296,88 ai 21.609,26 € [2].
Una variazione non paragonabile ai normali indici di inflazione o di crescita dei Paesi di riferimento denota una tendenziale (in realtà assoluta) vocazione speculativa di carattere tecnico.
Immagine 1 – in ascissa il tempo; in ordinata il valore economico in euro.
Conclusioni
Nella parte motiva della sentenza la Corte di Cassazione segnala con particolare incisività che la configurazione del sistema di acquisto di Bitcoin si presta ad agevolare condotte illecite, in quanto risulta possibile garantire un alto grado di anonimato senza previsione di alcun controllo sulla provenienza del denaro convertito. Continua la sentenza rappresentando che è di tutta evidenza che esiste un elevatissimo grado di privacy nel darkweb assicurato dalla presenza di tecniche crittografiche avanzate.
Il problema sembra quindi porsi non sullo strumento ma nella sua modalità di utilizzo: in tal senso un punto di osservazione privilegiato si può individuare nell’avverbio “concretamente” rinvenibile nella norma [3]. Tale avverbio, non presente nell’articolo di riferimento del riciclaggio [4], sottolinea che ciò che conta nella fattispecie in analisi non è, solo, l’astratta possibilità di celare l’identità dell’autoriciclatore ma la concreta evidenza che ciò accada attraverso la messa a disposizione di un sistema idoneo a tale scopo.
Il sistema delle cripto-valute, e in particolare quello dei Bitcoin, si pregia di una privacy generalizzata sottoposta solamente ai limiti e alle scelte del diretto interessato. È noto che per proteggere la privacy nelle transazioni, è sufficiente utilizzare un nuovo indirizzo (digitale) ogni volta che si riceve un nuovo “pagamento”. In tal modo si isola ogni singola transazione, in modo tale da non rendere possibile la loro associazione globale celando, di fatto, il complessivo portafoglio.
Con il Decreto legislativo nr. 90 del 2017 in attuazione della IV Direttiva Antiriciclaggio, sono state apportate sostanziali modifiche al Decreto nr. 231 del 2007 cercando di anticipare le disposizioni della V Direttiva che si occupa anche di criptovalute.
Sarà interessante nel prossimo futuro comprendere come i Paesi europei intenderanno disciplinare ulteriormente la materia.
Note
[1] Sentenza n. 27023 ud. 07/07/2022 – deposito del 13/07/2022.
[2] con valori massimi di oltre 56 mila €.
[3] cfr art. 648 bis c.p.
[4] cfr art. 648 ter1 c.p.
Lucia