I benefici per l’acquisto della prima casa non spettano al contribuente che possiede un altro immobile non adatto a soddisfare, per dimensioni e caratteristiche complessive, le esigenze abitative del proprio nucleo familiare. La “scomodità” per i figli, quand’anche di sesso diverso, di dover dormire nella stessa camera non equivale a inidoneità abitativa. Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 2278 del 5 febbraio 2016, confermando la pronuncia impugnata.
La vicenda processuale
Con avviso di liquidazione, l’Agenzia delle Entrate accertava l’indebita fruizione dell’agevolazione “prima casa” nei confronti di due contribuenti, in quanto, al momento dell’acquisto, risultavano proprietari di un altro immobile nell’ambito dello stesso comune. Giunto in contenzioso, l’atto veniva annullato dalla Ctp di Firenze, con esito confermato in sede di appello.
La Cassazione, accogliendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, rinviava la controversia ad altra sezione della Ctr, che confermava l’avviso di liquidazione.
Con il successivo ricorso per cassazione, i contribuenti denunciavano, tra l’altro, violazione e falsa applicazione dell’articolo 1, comma 1, del Dl 16/1993, in quanto la Ctr aveva erroneamente ritenuto che il requisito per godere dei benefici fiscali prima casa “di non essere titolare del diritto di proprietà di altro immobile idoneo ad abitazione” debba essere interpretato in senso oggettivo. Un altro motivo di censura atteneva all’omessa motivazione in ordine alla domanda del contribuente di ritenere inidonea l’abitazione già posseduta, a causa della presenza di due figli di sesso diverso, costretti a convivere nelle medesima camera.
La pronuncia della Cassazione
La Cassazione ha respinto il ricorso dei contribuenti confermando l’impianto giuridico-motivazionale della sentenza impugnata. I giudici di legittimità richiamano innanzitutto la norma censurata, che subordinava il godimento delle agevolazioni al fatto che “nell’atto di acquisto il compratore dichiari, a pena di decadenza, di non possedere altro fabbricato o porzioni di fabbricato idoneo ad abitazione e di volerlo adibire a propria abitazione principale, anche avendo già usufruito, quale acquirente, delle agevolazioni previste”.
La giurisprudenza ha ritenuto che il requisito della non possidenza di altro fabbricato idoneo ad abitazione sussiste quando l’acquirente possieda un alloggio che non sia concretamente idoneo, per dimensioni e caratteristiche complessive, a sopperire ai bisogni abitativi suoi e della famiglia (cfrCassazione, 19738/2003). Nel caso di specie, nessuna censura poteva essere mossa alla sentenza impugnata, secondo cui i contribuenti non avevano offerto alcuna prova in ordine alla presunta inidoneità dell’alloggio: del resto, “la ‘scomodità’ per i due figli pur di sesso diverso, di dover dormire nella stessa camera non equivale ad inidoneità abitativa”.
Ulteriori osservazioni
La nota II-bis) posta in calce all’articolo 1 della Tariffa, parte prima, allegata al Tur, prevede l’applicazione agevolata dell’imposta di registro agli atti traslativi a titolo oneroso della proprietà di case di abitazione “non di lusso” e agli atti traslativi o costitutivi della nuda proprietà, dell’usufrutto, dell’uso e dell’abitazione relativi alle stesse, a condizione che:
a) l’immobile sia ubicato nel territorio del comune in cui l’acquirente ha o stabilisca entro diciotto mesi dall’acquisto la propria residenza o, se diverso, in quello in cui l’acquirente svolge la propria attività
b) nell’atto di acquisto, l’acquirente dichiari di non essere titolare esclusivo o in comunione con il coniuge dei diritti di proprietà, usufrutto, uso e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare
c) nell’atto di acquisto l’acquirente dichiari di non essere titolare, neppure per quote, anche in regime di comunione legale, su tutto il territorio nazionale dei diritti di proprietà, usufrutto, uso, abitazione e nuda proprietà su altra casa di abitazione acquistata dallo stesso soggetto o dal coniuge con le predette agevolazioni.
Tale disposizione ha natura agevolativa e, in quanto tale, non è suscettibile di interpretazione che ne estenda la portata applicativa a ipotesi non espressamente contemplate. Costituisce, quindi, condizione ostativa alla fruizione dell’agevolazione “prima casa”, tra l’altro, la titolarità esclusiva, o in comunione con il coniuge, dei diritti di proprietà, uso, usufrutto e abitazione di altra casa di abitazione nel territorio del comune in cui è situato l’immobile da acquistare.
Il riferimento operato dalla vigente normativa all’ampia nozione di “casa di abitazione” induce a ritenere che la fruizione dell’agevolazione debba essere esclusa in tutti i casi in cui il soggetto che intende fruire dell’agevolazione risulti già in possesso nello stesso comune o nell’intero territorio nazionale, se acquistato con le agevolazioni, di un immobile a uso abitativo.
Sono questi i principi ribaditi dall’Agenzia delle Entrate con la risoluzione 86/2010, che non risultano derogati dalle interpretazioni rese dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 100 dell’8 gennaio 2010, nella quale è stato riconosciuto il diritto di fruire dell’agevolazione “prima casa” anche al contribuente proprietario di altro immobile che, per dimensioni e caratteristiche, non risultava idoneo a sopperire ai bisogni abitativi del contribuente e della sua famiglia.
La questione oggetto di tale pronuncia riguardava, infatti, una fattispecie particolare, nella quale il contribuente che intendeva fruire dell’agevolazione “prima casa” risultava già titolare di un locale assolutamente inadatto a fungere da abitazione (peraltro, l’immobile era di soli 22 mq).
In altri termini, ciò che conta ai fini della legittima fruizione dei benefici fiscali è solo “l’assoluta inidoneità (quale può essere, ad esempio, l’inagibilità) dell’immobile all’uso abitativo”.