Di recente l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (sentenza 2 novembre 2015, n. 9) si è pronunciata sull’indicazione del nominativo del subappaltatore e sulle regole relative alla partecipazione in sede di gara pubblica. In sostanza, per la partecipazione alla gara è sufficiente il possesso della qualificazione nella categoria prevalente per l’importo totale dei lavori e non è, quindi, necessaria anche la qualificazione nelle categorie scorporabili (neanche in quelle indicate all’art. 107, comma 2, d.P.R. cit.).
Come è noto, la sentenza citata dell’Adunanza Plenaria ha stabilito che qualora l’onere di rendere la dichiarazione ex art. 38 d.lgs. n. 163-2006 per i procuratori ad negotia non sia contemplato a pena di esclusione dalla lex specialis, l’esclusione può essere disposta non già per l’omissione di siffatta dichiarazione, ma soltanto laddove sia effettivamente riscontrabile l’assenza del requisito in questione. Nel caso di specie non vi è alcuna evidenza circa la mancanza sostanziale dei requisiti in capo ai due procuratori della Carron appellante, oggetto di contestazione.
E’ evidente che le lavorazioni relative alle opere scorporabili nelle categorie individuate all’art. 107, comma 2, d.P.R. cit. non possono essere eseguite direttamente dall’affidatario, se sprovvisto della relativa qualificazione (trattandosi, appunto, di opere a qualificazione necessaria), ma in tale ipotesi il concorrente deve subappaltare l’esecuzione delle relative lavorazioni ad imprese provviste della pertinente qualificazione. Il subappalto è, infatti, un istituto che attiene alla fase di esecuzione dell’appalto (e che rileva nella gara solo negli stretti limiti della necessaria indicazione delle lavorazioni che ne formeranno oggetto), di talché il suo mancato funzionamento (per qualsivoglia ragione) dev’essere trattato alla stregua di un inadempimento contrattuale, con tutte le conseguenze che ad esso ricollega il codice.
Si tratta come si vede di un apparato regolativo compiuto, coerente, logico e, soprattutto, privo di aporie, antinomie o lacune e, a fronte di un sistema di regole chiaro e univoco, quale quello appena esaminato, restano precluse opzioni ermeneutiche additive, analogiche, sistematiche o estensive, che si risolverebbero, a ben vedere, nell’enucleazione di una regola non scritta (la necessità dell’indicazione del nome del subappaltatore già nella fase dell’offerta) che configgerebbe con il dato testuale della disposizione legislativa dedicata alla definizione delle condizioni di validità del subappalto (art. 118, comma 2, d.lgs. cit.) e che, nella catalogazione (esauriente e tassativa) delle stesse, non la contempla.
In allegato potete consultare il testo completo della Sentenza.