Bacio rubato: ancora una volta scatta la violenza sessuale. A rilevare è il fatto che il bacio venga dato su una zona erogena come il collo. A dirlo è una sentenza della Cassazione.
Mediante il primo motivo dedotto, l’imputato assume che la Corte territoriale, attribuendo valore di atto sessuale ai baci sul collo e sull’orecchio, avrebbe completamente frainteso la portata delle dichiarazioni testimoniali rese dalla parte offesa, che aveva affermato di conoscere bene l’imputato e di essere uscita con lui addirittura per una settimana. Sarebbero dunque stati atteggiamenti confidenziali (anche se eccessivi) quelli del Q., che, ove egli avesse voluto compiere un atto di natura sessuale, avrebbe mirato piuttosto a sfiorare le labbra della donna.
Non avrebbe potuto dunque dirsi raggiunta la prova di una chiara connotazione sessuale dell’atto, tanto più in considerazione del rapporto di confidenza esistente fra i due. Sarebbe altresì mancata la prova dell’elemento soggettivo del reato, giacché l’abbraccio ed i baci non avrebbero avuto come movente l’eccitazione sessuale.
Va premesso che, ai fini della configurabilità del delitto di violenza sessuale, la rilevanza di tutti quegli atti che, in quanto non direttamente indirizzati a zone chiaramente definibili come erogene, possono essere rivolti al soggetto passivo, anche con finalità del tutto diverse, come i baci o gli abbracci, costituisce oggetto di accertamento da parte del giudice del merito, secondo una valutazione che tenga conto della condotta nel suo complesso, del contesto sociale e culturale in cui l’azione è stata realizzata, della sua incidenza sulla libertà sessuale della persona offesa, dell’ambito relazionale intercorrente tra i soggetti coinvolti e di ogni altro datofattuale qualificante.
Come è noto, in tema di reati sessuali, la condotta vietata dall’art. 609-bis cod. pen. comprende, oltre ad ogni forma di congiunzione carnale, qualsiasi atto idoneo, secondo canoni scientifici e culturali, a soddisfare il piacere sessuale o a suscitarne lo stimolo, a prescindere dalle intenzioni dell’agente, purché questi sia consapevole della natura oggettivamente “sessuale”dell’atto posto in essere con la propria condotta cosciente e volontaria [Sez. 3, n. 21020 del 28/10/2014 (dep. 21/05/2015) Rv.263738]. E questo i giudici di merito lo hanno accertato oltre ogni ragionevole dubbio, con una motivazione logica che, come tale, si sottrae a qualunque sindacato di questa Corte.
In allegato la Sentenza.