Nelle ultime ore, il Senato italiano ha compiuto un passo significativo verso l’implementazione dell’autonomia differenziata: ecco le novità e cosa potrebbe cambiare in futuro.
L’autonomia differenziata passa al Senato
Con 110 voti favorevoli, 64 contrari e 3 astenuti, il disegno di legge proposto da Calderoli ha ottenuto l’approvazione in prima lettura al Senato. Un momento che segna un punto di svolta nella discussione politica nazionale e che ora vedrà il testo passare all’esame della Camera per la seconda lettura.
Si tratta ovviamente di una decisione che apre le porte a una discussione più ampia sulla riforma territoriale e sulla distribuzione delle competenze tra lo Stato centrale e le regioni.
Qui di seguito scopriamo in breve quali sono gli aspetti più rilevanti di queste nuove disposizioni legislative.
Funzionamento dell’autonomia differenziata
In breve, il disegno di legge permette alle regioni di richiedere una maggiore autonomia gestionale su questioni specifiche, come la tutela della salute, l’istruzione, i trasporti, lo sport, l’ambiente, l’energia, la cultura e le relazioni internazionali.
L’autonomia differenziata introduce la possibilità per le regioni di trattenere parte del gettito fiscale generato sul loro territorio per finanziare i servizi e le funzioni di cui chiedono il trasferimento. Tuttavia, il passaggio di competenze dallo Stato alle Regioni non sarà automatico e sarà subordinato alla determinazione dei “livelli essenziali delle prestazioni” previsti dalla Costituzione, stabilendo così il livello minimo di servizi garantiti uniformemente su tutto il territorio italiano.
La dottrina giuridica concorda sul fatto che il disegno di legge potrebbe prevedere l’attribuzione di forme e condizioni particolari di autonomia a termine, consentendo una valutazione dell’efficacia delle disposizioni legislative al termine di un periodo specifico.
Le fasi della procedura per l’attivazione del regionalismo differenziato
La procedura prevista per l’attivazione del regionalismo differenziato si articola in diverse fasi, principalmente derivanti dalla disposizione costituzionale, in mancanza di una legislazione organica che disciplini il procedimento attuativo dell’articolo 116, terzo comma.
- A chi spetta l’iniziativa:
- La regione interessata è l’unico soggetto autorizzato a avviare il procedimento per il regionalismo differenziato.
- L’organo competente è stabilito dalla regione stessa, nel rispetto della propria autonomia statutaria e legislativa.
- Consultazione degli enti locali:
- Gli enti locali coinvolti non sono specificamente indicati dalla disposizione costituzionale.
- Il Consiglio delle autonomie locali (CAL) potrebbe giocare un ruolo chiave in questo processo, definendosi come “organo di consultazione fra la regione e gli enti locali”.
- La consultazione è obbligatoria, ma il parere reso dagli enti locali non è vincolante.
- Pervenire all’intesa fra Stato e regione:
- Il governo è obbligato a avviare i negoziati entro 60 giorni dal ricevimento delle iniziative delle regioni.
- L’organo regionale che conduce i negoziati è determinato nell’ambito dell’autonomia regionale.
Le reazioni politiche
Il voto ha visto un sostegno trasversale da parte dei gruppi di maggioranza e del gruppo per le Autonomie, mentre i senatori di Alleanza Verdi Sinistra, Italia viva, Movimento 5 Stelle e Partito Democratico si sono espressi contrari.
Questi ultimi hanno manifestato la loro disapprovazione con una protesta in Aula, esibendo bandiere italiane.
Ecco alcune dichiarazioni di approvazione e alcune contrarie alla novità.
Pareri favorevoli
Matteo Salvini, leader della Lega, ha elogiato il passo compiuto definendolo “importante verso un Paese più moderno ed efficiente“, sottolineando l’adesione a promesse elettorali e richieste provenienti da diverse regioni italiane.
Soddisfatto Massimo Bitonci, sottosegretario della Lega al ministero delle Imprese e del Made in Italy: “L’approvazione al Senato delle disposizioni per l’attuazione dell’Autonomia differenziata, ai sensi dell’art. 116, terzo comma, della Costituzione è una prima risposta della Lega al risultato unanime del Referendum in Veneto e Lombardia del 2017. Con la legge quadro si mettono finalmente le basi per le successive intese, volte a devolvere tutte o solo alcune delle 23 materie previste. Per chi ha letto e studiato il testo, questo provvedimento non ha lo scopo di dividere, ma di unire la Nazione, che già oggi risulta squilibrata nei servizi civili e sociali, tra nord e sud, tra centro e periferia.”
A nome di Fratelli d’Italia si congratula Luca De Carlo, coordinatore veneto del partito: “La votazione di oggi rappresenta un passo significativo e decisivo non solo per tutte quelle realtà, come il Veneto, che hanno chiesto l’attuazione dell’autonomia differenziata, ma per l’intera nazione. È stata messa la prima pietra in quello che sarà certamente un lungo processo normativo, ma che dopo anni di slogan, promesse e propaganda ha potuto trovare concretizzazione solo con un governo targato Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni.”
Pareri contrari
Elly Schlein, segretario del Partito Democratico, è profondamente scontenta del risultato, definisce il Disegno di legge un “orrendo baratto che fa rivivere il sogno secessionista della Lega“. E aggiunge: “Siamo pronti a fermarlo con ogni mezzo“.
“Lo scambio politico tra Meloni e Salvini, la prima interessata alla riforma sul premierato e il secondo interessato all’autonomia differenziata, lo pagano i meridionali con l’approvazione del disegno di legge Calderoli sul regionalismo differenziato”. Questo è quanto sostiene il deputato del Movimento Cinque Stelle Riccardo Tucci, secondo il quale “tutto ciò significa che un cittadino del Sud avrà minori diritti sociali e civili rispetto a un cittadino del Nord.”
“Con l’autonomia differenziata la premier Meloni ha svenduto il Sud alla Lega di Salvini […] Il sud è stato completamente abbandonato da questa maggioranza con un approccio che mina l’unità del Paese, in un progetto di desertificazione sociale, culturale ed economica per il meridione. Quella dell’autonomia differenziata è anche una legge contro l’ambiente, perché ci ritroveremo con ogni Regione che potrà legiferare diversamente, come se la tutela ambientale avesse confini territoriali. In questo modo le politiche climatiche verranno sabotate definitivamente da questa destra”. Così in una nota il co-portavoce di Europa Verde Angelo Bonelli.
Prospettive future
Ricordiamo che non si tratta di una novità assoluta, poiché il dibattito sull’autonomia differenziata ha già fatto capolino nel 2017, con i referendum consultivi in Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna.
Tuttavia, persistono preoccupazioni su come questa autonomia possa accentuare il divario tra le regioni più ricche e quelle più povere, creando un potenziale spopolamento delle regioni del sud in favore di quelle che possono garantire servizi migliori.
Qui di seguito analizziamo i pro e i contro della nuova legge.
Potenziali punti di vantaggio
Nonostante le preoccupazioni sollevate, ci sono aspetti positivi che sottolineano il potenziale benefico dell’autonomia differenziata per le regioni a statuto ordinario in Italia.
- Modernizzazione ed efficienza: Secondo i sostenitori, l’autonomia differenziata rappresenta un passo importante verso un paese più moderno ed efficiente. L’attribuzione di maggiore autonomia alle regioni potrebbe consentire una governance più adattabile alle esigenze locali, favorendo un’amministrazione più snella ed efficiente dei servizi pubblici.
- Rispetto della volontà popolare: Il leader della Lega, Matteo Salvini, ha sottolineato che l’approvazione del DDL Calderoli rispetta la volontà popolare espressa attraverso il voto al centrodestra. Questo potrebbe essere considerato un punto favorevole, in quanto il processo di autonomia differenziata ha radici nelle richieste provenienti da diverse regioni italiane.
- Esperienze regionali positive: Gli esperimenti di autonomia differenziata in alcune regioni italiane, come Lombardia e Veneto, che avevano già avviato il processo attraverso referendum consultivi, potrebbero essere visti come positivi. Le esperienze pregresse potrebbero dimostrare che una maggiore autonomia ha il potenziale per stimolare lo sviluppo economico e migliorare la qualità dei servizi a livello locale.
- Diversità e flessibilità: L’idea di autonomia differenziata sottolinea la diversità culturale, economica e sociale tra le regioni italiane. In questo modo, ogni regione avrebbe la flessibilità di adottare politiche e soluzioni adatte alle sue specifiche esigenze e peculiarità.
Potenziali criticità
Nello specifico questi sono i punti di maggiore criticità enucleati da chi si oppone alla legge:
- Divario regionale: Una delle principali preoccupazioni riguarda il possibile aumento del divario economico e sociale tra le regioni. L’autonomia differenziata potrebbe creare un’accelerazione nella crescita delle regioni già economicamente avanzate, mentre le regioni meno sviluppate potrebbero trovarsi a competere su un terreno ineguale. Questo divario potrebbe tradursi in disparità nell’accesso a servizi pubblici essenziali, opportunità di lavoro e qualità della vita.
- Spopolamento del Sud: C’è il timore che l’autonomia differenziata possa aggravare la tendenza allo spopolamento delle regioni del sud. Se le regioni del nord o economicamente più forti godono di maggiori risorse e autonomia, potrebbero attirare una migrazione significativa di persone dalle regioni del sud in cerca di migliori opportunità economiche e servizi. Ciò potrebbe esacerbare le sfide già esistenti nelle regioni meno sviluppate, contribuendo a un ulteriore spopolamento e compromettendo il benessere delle comunità locali.
- Ruolo limitato del parlamento: Alcuni critici sostengono che l’autonomia differenziata potrebbe ridurre il ruolo del Parlamento a un “ratificatore” di intese raggiunte tra diverse regioni e il governo centrale. Questo potrebbe limitare la capacità del Parlamento di intervenire e garantire una distribuzione equa delle risorse e dei servizi su tutto il territorio nazionale.
- Necessità di tutelare Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP): L’attribuzione di ulteriore autonomia è subordinata alla determinazione dei Livelli Essenziali delle Prestazioni (LEP), che stabiliscono il livello minimo di servizi da garantire uniformemente in tutto il paese. La definizione accurata di questi livelli diventa cruciale per evitare disparità eccessive tra le diverse regioni.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it
Speriamo che si faccia un referendum e questa riforma che divide l’Italia in 20 stati facendo scappare anche gli investitori internazionali che per ogni regione avranno regole diverse faccia la fine della carta igienica.