autonomia differenziata regioni Il Ministro Calderoli ha presentato la riforma sull’Autonomia differenziata al Senato, ma come potrebbe influire sulle Regioni? Vediamolo insieme.


Dopo sei mesi di dibattiti nella Commissione Affari Costituzionali, è cominciata la fase iniziale della lettura del disegno di legge in Senato sull’Autonomia differenziata, presentato dal Ministro per gli Affari regionali Roberto Calderoli.

Si tratta di un tema ricorrente negli anni, proposto varie volte dalla Lega Nord, ma che non convince molto gli altri partiti.

Ecco di cosa si tratta e cosa potrebbe cambiare per le Regioni.

Autonomia differenziata: come influisce sulle Regioni?

Il disegno di legge del Ministro Calderoli è arrivato in questi giorni al Senato, proposto dai relatori Costanzo Della Porta e Paolo Tosato e il voto finale arriverà entro fine gennaio.

Come sappiamo, l’art.116 della Costituzione (come modificato nel 2001) prevede che una serie di materie, non affidate in via esclusiva allo Stato centrale, possano essere demandate alla competenza di ogni singola Regione a statuto ordinario.

La legge che affida le competenze è “approvata dalle Camere a maggioranza assoluta dei componenti, sulla base d’intesa fra lo Stato e la Regione interessata”.
Le materie in questione sono indicate ai commi 2 e 3 dell’art.117. Ecco quali sono:

  • Organizzazione della giustizia di pace;
  • Norme generali sull’istruzione;
  • Tutela di ambiente, ecosistema e beni culturali;
  • Rapporti internazionali e con l’Unione Europea;
  • Commercio estero;
  • Tutela e sicurezza del lavoro;
  • Professioni;
  • Ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi;
  • Salute;
  • Alimentazione;
  • Protezione civile;
  • Governo del territorio;
  • Porti e aeroporti civili;
  • Reti di trasporto e di navigazione;
  • Ordinamento della comunicazione;
  • Produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell’energia;
  • Previdenza complementare e integrativa;
  • Finanza pubblica e sistema tributario;
  • Promozione e organizzazione di attività culturali;
  • Casse di risparmio, casse rurali e aziende di credito;
  • Enti di credito fondiario e agrario.

autonomia differenziata regioniAutonomia differenziata regioni: cosa prevede la bozza della riforma

La bozza della riforma è stata presentata nella Conferenza Stato-Regioni dal Ministro Calderoli e prevede che le Regioni potranno poi, a loro volta, trasferire le funzioni agli enti amministrativi più vicini ai cittadini: comuni, città metropolitane e province.

Il tema su cui ci sono maggiori divisioni sono i Lep, ovvero i Livelli essenziali delle prestazioni. Si tratta degli standard minimi dei servizi, che devono essere garantiti in tutte le Regioni e che rappresentano una tutela per i “diritti civili e sociali” dei cittadini, come sancito dalla Costituzione.

Con la proposta di legge, l’entità di questi finanziamenti dovrebbe essere definita prima delle richieste di autonomia, ma lasciando alle Regioni la possibilità di stipulare un’intesa, anche senza l’emanazione del decreto del Presidente del Consiglio.

A far discutere sono proprio i finanziamenti. Nel testo si evidenzia come, senza intesa sui Lep, si procederà secondo il criterio della spesa storica. Questo vuol dire che chi ha speso di più negli anni, per i servizi corrispondenti alle funzioni, riceverà un maggiore finanziamento.

In questo modo, però, le regioni del Nord risulterebbero molto più avvantaggiate rispetto a quelle del Sud, evidenziando maggiormente le diseguaglianze.

Ad essere contro il provvedimento è la gran parte dei 160 sindaci che aderiscono alla rete Recovery Sud, che hanno manifestato, annunciando di essere pronti ad un “referendum abrogativo” della riforma Calderoli.


Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it