sport_giovaniIl trattamento fiscale delle spese di sponsorizzazione da sempre costituisce un tema particolarmente complesso e dibattuto, tanto in dottrina quanto in giurisprudenza.

 

Tralasciando per un momento il discorso relativo alle associazioni sportive dilettantistiche, infatti, è facile constatare come il cuore della questione sia rappresentato dalla qualificazione delle spese di sponsorizzazione in termini di spese di pubblicità e propaganda o di rappresentanza.

 

L’inquadramento nell’una o nell’altra tipologia riveste un rilievo pratico decisivo: infatti, dal punto di vista fiscale, le spese di pubblicità e propaganda sono interamente deducibili ai fini delle imposte dirette e, ai fini Iva, l’imposta relativa a tali spese è integralmente detraibile dal soggetto che le sostiene. Per le spese di rappresentanza, invece, il legislatore ha previsto un regime di limitata deducibilità e un divieto di detraibilità ai fini Iva (fatta eccezione per le spese relative a beni distribuiti gratuitamente di valore unitario non superiore a 50 euro).

 

La problematica sopra sinteticamente ricordata, però, non involge le spese di sponsorizzazione a favore delle associazioni sportive dilettantistiche, che, per espressa previsione di legge, beneficiano di un trattamento privilegiato.
Il riferimento normativo da prendere in considerazione è rappresentato dall’articolo 90, comma 8, della legge 289/2002, in forza del quale “il corrispettivo in denaro o in natura in favore di (…) associazioni sportive dilettantistiche (…) costituisce, per il soggetto erogante, fino ad un importo annuo complessivamente non superiore a euro 200.000, spesa di pubblicità, volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario (…)“.

 

Ciò premesso in termini generali, è possibile ora esaminare nel dettaglio il trattamento fiscale delle sponsorizzazioni rispettivamente da parte dello sponsor (soggetto che eroga il corrispettivo) e dello sponsee (associazione sportiva dilettantistica sponsorizzata), in tal modo fornendo un quadro esaustivo della materia.

 

Disciplina fiscale delle sponsorizzazioni per il soggetto erogante (sponsor)

 

Per l’impresa che decide di sponsorizzare un’associazione sportiva dilettantistica al fine di promuovere la propria immagine e la propria attività (evenienza, questa, molto ricorrente nella pratica), il corrispettivo in denaro (o in natura) erogato costituisce, ai fini delle imposte dirette (quindi, ai fini Ires), spesa di pubblicità. In particolare, alla luce di quanto previsto dall’articolo 90, comma 8, legge 289/2002, tale corrispettivo costituisce spesa di pubblicità fino all’importo di 200mila euro annui e, in quanto tale, integralmente deducibile dal reddito d’impresa nell’esercizio in cui viene sostenuto ovvero in quote costanti nell’esercizio stesso e nei quattro successivi, ai sensi dell’articolo 108, comma 2, Tuir.

 

Come precisato dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 21/2003, la disposizione in commento introduce, ai fini delle imposte sui redditi, una “presunzione assoluta” (sponsorizzazione = spesa di pubblicità). Il legislatore, infatti, nell’ottica del più volte segnalato favor per l’attività sportiva dilettantistica e consapevole della centralità che nella vita delle associazioni rivestono i proventi derivanti dalle sponsorizzazioni, ha voluto evidentemente incentivare il ricorso a tale canale di finanziamento.

 

Con le medesima circolare, inoltre, l’Agenzia delle Entrate ha precisato che la fruibilità dell’agevolazione in commento è subordinata alla sussistenza delle seguenti condizioni: a fronte dell’erogazione delle somme deve essere riscontrata una specifica attività dell’associazione sportiva beneficiaria.

 

In altri termini, si richiede, a garanzia, da un lato, della sinallagmaticità e, dall’altro, della correttezza e “serietà” del rapporto, che l’associazione non si limiti a sottoscrivere formalmente un contratto di sponsorizzazione e a incassare il corrispettivo, ma concretamente ottemperi agli obblighi assunti con lo stesso. Pertanto, a fronte delle somme erogate dall’impresa sponsor, l’associazione sponsorizzata deve porre in essere una specifica attività volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante. In tal modo, quindi, si realizza l'”effetto di ritorno” a favore dello sponsor, per effetto dell’abbinamento, nel corso del periodo di tempo previsto dal contratto di sponsorizzazione tra il suo nome e/o il suo marchio e l’attività dell’associazione sponsorizzata.

 

La “specifica attività” dell’associazione, quindi, si può concretizzare nell’apposizione del marchio dello sponsor sulle proprie divise di gioco e di rappresentanza, sulle borse degli atleti, sugli striscioni e sui manifesti utilizzati per pubblicizzare le proprie esibizioni sportive. Più in generale, l’associazione sportiva sponsorizzata si obbliga a promuovere e divulgare il nome e il marchio dello sponsor nell’ambito di qualsiasi iniziativa o evento collegato alla sua attività.

 

Il superamento del limite dei 200mila euro

 

L’articolo 90, comma 8, legge 289/2002, come ricordato, indica espressamente un limite annuo massimo (200mila euro) entro il quale, al ricorrere delle condizioni previste, le somme corrisposte alle associazioni sportive dilettantistiche costituiscono per il soggetto erogante spese di pubblicità, integralmente deducibili dal reddito d’impresa. È lecito chiedersi, pertanto, qual è il trattamento fiscale da riservare alle somme eccedenti il predetto limite.

 

Sulla questione è intervenuta l’Agenzia delle Entrate, con la risoluzione n. 57/2010, in cui è stato precisato che “considerata anche la ratio dell’articolo 90 della legge n. 289 del 2002, diretta ad agevolare il settore delle società e associazioni sportive dilettantistiche – il quale trae la maggiore fonte di finanziamento dall’attività di sponsorizzazione – consegue che la previsione recata dallo stesso articolo non introduce un limite massimo all’integrale deducibilità dal reddito d’impresa delle somme corrisposte agli enti di cui trattasi, ma individua l’importo entro il quale dette somme costituiscono per presunzione assoluta spese di pubblicità“.

 

In altri termini, il limite di 200mila euro deve essere inteso come limite ai fini dell’operatività della presunzione prevista dalla disposizione in commento e non come limite assoluto alla deducibilità. Il superamento del limite, quindi, non determina automaticamente la non deducibilità – ovvero la deducibilità limitata prevista per le spese di rappresentanza – del costo sostenuto dallo sponsor.

 

Pertanto, nella ipotesi in cui il soggetto erogante versi all’associazione sportiva una somma di denaro superiore al limite dei 200mila euro, l’eccedenza sarà eventualmente deducibile dal suo reddito d’impresa come spesa di pubblicità e propaganda (ai sensi dell’articolo 108, comma 2, primo periodo, del Tuir) a condizione che:

 

  • la natura del rapporto contrattuale presenti tutti i requisiti formali e sostanziali riscontrabili in un rapporto di sponsorizzazione o di altra prestazione pubblicitaria

 

  • siano soddisfatti, secondo i principi generali recati dall’articolo 109 del Tuir, i requisiti della competenza, della certezza, quanto all’esistenza del costo, e dell’oggettiva determinabilità dello stesso, quanto al relativo ammontare, nonché dell’inerenza della spesa ad attività o beni da cui derivino ricavi o altri proventi imponibili.