appalti-pagamenti-in-ritardo-corte-ueLa Corte di Giustizia Ue condanna l’Italia per i ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione: ecco su quali punti arriva la bocciatura dell’UE in merito alla spinosa questione.


Appalti, pagamenti in ritardo: la Corte UE sostiene che la PA italiana non assicura il rispetto delle transazioni commerciali nei confonti dei propri fornitori.

La decisione di condanna, con una bocciatura netta per il “sistema Italia”, arriva grazie alla sentenza della Commissione/Italia (Direttiva lotta contro i ritardi di pagamento) (C-122/18) pronunciata il 28 gennaio 2020.

La Commissione nel febbraio 2017 aveva riaperto una procedura di infrazione contro il nostro paese, deferendolo alla Corte. In quell’anno i tempi medi per il saldo delle fatture erano di 58 giorni, mentre nel 2018 sono scesi a 46 (35 per i Comuni).

Appalti, pagamenti in ritardo: la Corte UE condanna la PA italiana

In parole povere, la Corte ha constatato una violazione da parte dell’Italia della direttiva 2011/7/UE, relativa alla lotta contro i ritardi di pagamento nelle transazioni commerciali.

In quanto Stato membro, il belpaese non ha assicurato che le sue pubbliche amministrazioni, quando sono debitrici nel contesto di simili transazioni, rispettino effettivamente termini di pagamento non superiori a 30 o 60 giorni di calendario, quali stabiliti all’articolo 4, paragrafi 3 e 4, di tale direttiva.

Gli operatori economici italiani avevano rivolto varie denunce sui tempi eccessivamente lunghi con cui sistematicamente le PA saldano le proprie fatture. Si fa proprio riferimento, infatti alle fatture dove si dovrebbero espletare le transazioni commerciali con gli operatori privati in questione.

Per tutta questa serie di motivi la Commissione ha proposto contro l’Italia un ricorso per inadempimento dinanzi alla Corte.

La difesa dell’Italia

L’Italia ha sostenuto, a propria difesa, che la direttiva 2011/7 impone unicamente agli Stati membri di garantire termini massimi di pagamento conformi alle disposizioni citate. Si fa leva anche sul punto che la direttiva impone di prevedere il diritto dei creditori, in caso di mancato rispetto di tali termini, a interessi di mora e al risarcimento dei costi di recupero.

Inoltre ha aggiunto che le disposizioni in questione non impongono, agli Stati membri, di garantire l’effettiva osservanza, in qualsiasi circostanza, dei suddetti termini da parte delle loro pubbliche amministrazioni.

La risposta del tribunale europeo

La Corte ha anzitutto respinto tale argomentazione, dichiarando che la direttiva impone agli Stati membri di assicurare il rispetto effettivo, da parte delle loro PA, dei termini di pagamento da esso previsti.

Ciò detto, in considerazione dell’elevato volume di transazioni commerciali in cui le PA sono debitrici di imprese, l’UE ha inteso imporre agli Stati membri obblighi rafforzati per quanto riguarda i rapporti tra lo Stato e i propri fornitori.

Questo anche in virtù del fatto che per le Imprese sono sempre di più i costi e le difficoltà generate da questi ritardi di pagamento.

Le conclusioni

La Corte ha dunque così voluto rimarcare l’obbligo di assicurare l’effettivo rispetto dei termini di pagamento da esso previsti nelle transazioni commerciali in cui il debitore è una pubblica amministrazione.

Infatti non si può non tenere in considerazione il fatto che l’Italia sia venuta meno agli obblighi comunitari. Questo vale nonostante la situazione sia in via di miglioramento in questi ultimi anni,

Pertanto l’esistenza di un inadempimento deve essere valutata in relazione alla situazione quale si presentava alla scadenza del termine stabilito nel parere motivato. Ossia, nel caso di specie, il 16 aprile 2017.

A questo link il testo completo della Sentenza.