riduzioneVarianti, frazionamento degli appalti e qualificazione delle imprese. Sono alcune delle criticità rilevate dall’Autorità nazionale anticorruzione (ANAC) nella relazione annuale sui contratti pubblici.

 

L’Anac ha rilevato un artificioso frazionamento degli appalti. Questo fa sì che molti enti, abbassando l’importo della gara, possano ricorrere alla procedura negoziata o comunque a sistemi derogatori rispetto alle regole standard.

 

L’Autorità ha posto l’attenzione sulla necessità di adottare meccanismi di qualificazione e di professionalizzazione delle stazioni appaltanti, che attribuiscano la gestione di procedure di affidamento in ragione delle reali capacità tecniche, amministrative e gestionali del buyer pubblico.

 

Lo sviluppo di una sana concorrenza è proprio uno degli aspetti su cui l’Autorità ha prestato particolare attenzione nel corso del 2014 fornendo, ad esempio, alle stazioni appaltanti indicazioni in merito alla necessità di definire requisiti di accesso proporzionati e ragionevoli e richiamando le stesse a un’adeguata suddivisione in lotti funzionali per favorire la partecipazione delle piccole e medie imprese.

 

Alla fine del 2011 è entrata in vigore la prima formulazione del co. 1-bis32 , dell’art. 2 del Codice, che prevedeva espressamente la possibilità, qualora ritenuto economicamente conveniente dalla SA, di suddividere gli appalti in lotti funzionali al fine di favorire la partecipazione alle gare delle piccole e medie imprese (PMI). Anche alla luce degli orientamenti espressi a livello comunitario, il legislatore ha voluto poi rafforzare il favor per le PMI fino a prevedere l’obbligo di motivazione per la mancata suddivisione in lotti dell’appalto, che figura nella versione del citato co. 1-bis attualmente in vigore.

 

Benché il dato complessivo non sia del tutto rappresentativo dell’andamento del fenomeno, in quanto la possibilità di pervenire ad una suddivisione in lotti efficiente sia sotto il profilo funzionale sia sotto il profilo del livello di concorrenza in gara dipende dalla natura dell’appalto (è noto, ad esempio, che questa è la prassi in molte tipologie di forniture sanitarie, quali quelle farmaceutiche), è presumibile che a livello di sistema si sia registrato un aumento dei lotti al di sotto delle attese del legislatore e delle imprese.

 

Parallelamente, secondo l’Authority appare ormai inevitabile che nel sistema di affidamento dei contratti pubblici siano inseriti dei meccanismi che premino la reputazione delle imprese e valorizzino gli operatori che si siano dimostrati affidabili contraenti sotto il profilo, ad esempio, del rispetto dei tempi, dei costi e della collaborazione con l’ente committente. Va nella giusta direzione il “rating di legalità” attribuito dall’Autorità garante della concorrenza e del mercato (AGCM) alle imprese più virtuose sotto il profilo del rispetto di alcuni requisiti di legalità.

 

Le principali problematiche affrontate riguardano le difficoltà di escutere la cauzione specie nel caso di imprese di assicurazione e di intermediari finanziari, la presenza nel mercato di soggetti non autorizzati a prestare cauzioni, i requisiti eccessivi posti in materia di cauzioni da parte di diverse imprese attive nei settori speciali che possono finire con il limitare la partecipazione alle gare da parte delle PMI e la mancanza di una disciplina relativa allo svincolo della cauzione per gli appalti di servizi e forniture.

 

Con riferimento alla prassi seguita da numerose SA operanti nei settori speciali – nell’ambito dei quali non sono direttamente applicabili gli artt. 75 e 113 del Codice in quanto non richiamati dall’art. 206 – di richiedere la presentazione di cauzioni con requisiti così severi e stringenti da risultare discriminatori impedendo un corretto svolgimento delle procedure, l’Autorità ha chiarito che quando un’impresa pubblica o organismo di diritto pubblico attivi nei settori speciali decidono di richiedere una cauzione, provvisoria o definitiva, devono necessariamente trovare applicazione i principi di cui agli artt. 75 e 113 del Codice, e che la discrezionalità accordata dal legislatore a detti enti deve essere gestita secondo criteri non discriminatori, di logicità e ragionevolezza, rispettando il principio di proporzionalità e di congrua motivazione, e i principi e le disposizioni comuni a tutti gli appalti sia dei settori ordinari che di quelli speciali per come appunto definiti nel succitato art. 2.

 

In particolare, l’Autorità ha ritenuto che si ponga in violazione dei principi di cui all’art. 2 la richiesta da parte delle SA di rating pari o superiore ad un determinato minimo attribuito dalle società di certificazione internazionale poiché introduce restrizioni non previste dal Codice e che non appaiono neppure correlate e proporzionate con gli  obiettivi che si intende perseguire. L’Autorità ha, quindi, concluso richiamando la determinazione 2/2013, laddove è stato osservato che, piuttosto che valutare la qualità delle imprese di assicurazione sulla base del rating, è preferibile ricorrere ad altri indicatori quali l’indice di solvibilità, congiuntamente alla raccolta premi.

 

Quanto alle misure disposte, l’Autorità si è sempre espressa nel senso che, fatte salve le situazioni particolari che richiedono una valutazione ad hoc, in linea generale e nell’ottica di utilizzare un criterio uniforme nei confronti delle imprese raggiunte da interdittiva antimafia, non sussistendo elementi oggettivi per parametrare e differenziare la gravità dei fatti che hanno dato luogo al provvedimento prefettizio, la misura generalmente applicabile è quella della straordinaria e temporanea gestione dell’impresa.

 

Un quesito di notevole interesse riguardante il contemperamento delle esigenze di tutela della libera concorrenza con la libertà d’organizzazione d’impresa ha riguardato la legittimità della clausola, sovente presente nei protocolli di legalità, che vieta all’aggiudicatario della gara di subappaltare ad altre imprese che abbiano presentato autonoma offerta nella medesima gara.

 

Si deve, infine, osservare che la recente crisi economica ha determinato continue riduzioni nel rating riconosciuto all’intera economia italiana e, di conseguenza, alle imprese finanziarie. Ciò imporrebbe almeno la necessità di aggiornare costantemente il livello di rating richiesto, proprio al fine di preservare un numero minimo di soggetti a cui le imprese che vogliono partecipare alle gare possono rivolgersi.  In questo quadro non incoraggiante, le imprese che hanno dichiarato di aver adottato politiche di prevenzione della corruzione al proprio interno, presentano una maggiore reattività e una più alta propensione a denunciare fatti illeciti. In tal senso è auspicabile un incremento della sensibilizzazione all’adozione di tali politiche e alla reale applicazione del modello organizzativo ex d.lgs. 231/2001, adottato solo dal 7,2% delle imprese partecipanti all’indagine. L’incentivazione all’attuazione di politiche di prevenzione sia nelle imprese, sia dal lato delle SA si presenta, dunque, come una modalità efficace per contrastare la corruzione.

 

Sempre in un’ottica di semplificazione potrebbero essere attuati alcuni interventi volti a graduare gli obblighi di trasparenza in relazione al loro impatto sulla spesa dell’amministrazione o dell’ente. Si potrebbero introdurre, ad esempio, soglie che escludano dall’obbligo di pubblicazione gli incarichi di collaborazione o consulenza e gli affidamenti di lavori servizi e forniture di modesta entità. Analogamente si potrebbeincrementare il limite dei 1.000 euro previsto dagli artt. 26 e 27 del d.lgs. 33/2013 per la pubblicazione degli atti di concessione di ogni vantaggio economico attribuito a imprese, persone ed enti per un importo.

 

Per consultare il rapporto completo dell’ANAC potete scaricare il documento in allegato a questo articolo.