soggetti aggregatoriDal prossimo 9 agosto anche gli enti locali, nonché loro consorzi e associazioni, sono tenuti al ricorso ai Soggetti aggregatori per gli affidamenti nelle categorie del DPCM 24 dicembre 2015.  Le amministrazioni statali, centrali e periferiche, ad esclusione degli istituti e scuole di ogni ordine e grado, delle istituzioni educative e delle istituzioni universitarie, nonché le regioni e gli enti regionali, comuni, province, città metropolitane, comunità montane, comunità isolane, unioni di comuni, nonché i loro consorzi e associazioni, e gli enti del Servizio sanitario nazionale, sono tenuti al ricorso ai Soggetti aggregatori elencati nella delibera ANAC n. 784 del 20 luglio 2016.

 

L’articolo 9, comma 3, del decreto legge 66 del 2014 prevede che entro il 31 dicembre di ogni anno, sulla base delle analisi del Tavolo dei soggetti aggregatori, dovranno essere individuate alcune categorie di beni e di servizi (nonché le relative soglie) in relazione alle quali le amministrazioni statali centrali e periferiche nonché le regioni, gli enti regionali, i loro consorzi e associazioni, e gli enti del servizio sanitario nazionale, debbono necessariamente ricorrere a CONSIP oppure agli altri soggetti aggregatori operanti sul rispettivo territorio di riferimento, e ciò ai fini dello svolgimento delle relative procedure. Dalla lettura delle predette disposizioni emerge, dunque, che i soggetti aggregatori non sono chiamati a sostituire in toto le precedenti stazioni appaltanti, né sono chiamati, almeno in linea teorica, a prendere radicalmente il posto delle centrali regionali già costituite, ma dovranno piuttosto svolgere alcune procedure – anno per anno individuate dal Tavolo dei soggetti aggregatori, anche in relazione alle soglie di importo – da indire per l’acquisizione dei beni e dei servizi destinati alle amministrazioni statali centrali e periferiche nonché alle regioni, agli enti regionali, nonché loro consorzi e associazioni, ed agli enti del servizio sanitario nazionale.

 

Il codice identificativo di gara o CIG, invece è un codice adottato in Italia per identificare un contratto pubblico stipulato in seguito ad una gara d’appalto o affidato con una delle altre modalità consentite dal codice dei contratti pubblici.

 

È costituito da una sequenza dai 9 ai 16 caratteri alfanumerici ed è utilizzato anche ai fini della tracciabilità dei pagamenti relativi ai contratti pubblici. Dalla data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del dPCM in premessa, i RUP delle Stazioni Appaltanti che intendono effettuare un nuovo affidamento pubblico, dovranno dichiarare sotto la propria responsabilità, tramite la consueta procedura informatica di creazione della gara, se quest’ultima riguarda una delle categorie di cui all’art. 1 del Decreto stesso (farmaci, vaccini, stent, facility management immobili etc.) ovvero categoria merceologica differente.

 

Per affidamenti che non riguardano le categorie merceologiche in questione, è possibile procedere all’acquisizione del CIG con le consuete modalità selezionando la voce “altre categorie”. Nel caso si selezionasse una categoria interessata dall’obbligo di ricorso ai soggetti aggregatori, il RUP dovrà dichiarare la motivazione per la quale è titolato ad acquisire un CIG, scegliendo una delle opzioni proposte nel seguito.

 

Le modalità operative per l’acquisizione del CIG, nelle gare d’appalto sono illustrate nel Comunicato del Presidente del 10 febbraio 2016.  Le risposte ai più frequenti quesiti (FAQ) relativi al ricorso ai Soggetti aggregatori sono pubblicate nella sezione FAQ.

 

In allegato le delibere di riferimento dell’ANAC.