Trent’anni fa l’Italia veniva colpita dalla strage di via d’Amelio, nella quale perdeva la vita Paolo Borsellino. Ripercorriamo i fatti per l’anniversario dell’attentato.
Anniversario attentato Paolo Borsellino: era un caldo pomeriggio quello del 19 luglio 1992, quando si sentì un rumore assordante in via Mariano d’Amelio, a Palermo.
Dopo aver ucciso Giovanni Falcone, la mafia aveva preso anche la vita di Paolo Borsellino, insieme a quelle dei suoi cinque agenti di scorta.
Ricordiamo insieme quel tragico evento, nel suo trentesimo anniversario.
Anniversario attentato Paolo Borsellino: il racconto di quel 19 luglio 1992
Cosa Nostra aveva già tentato, fin dai primi anni Ottanta, di uccidere Paolo Borsellino, fin da quando il magistrato seguiva le indagini sugli assassini del capitano dei Carabinieri Emanuele Brasile.
La volontà di ucciderlo diventò sempre più forte dopo il Maxiprocesso di Palermo, il famoso processo penale contro Cosa Nostra, che si tradusse con 19 ergastoli e pene detentive.
Dopo la Strage di Capaci del 23 maggio 1992, che portò alla morte del magistrato Giovanni Falcone, era purtroppo evidente che anche Borsellino era sulla lista della mafia.
Era una calda domenica di luglio: gli attentatori sapevano che la domenica era il giorno nel quale il magistrato si recava a trovare la madre, che abitava in via Mariano d’Amelio, a Palermo. Si trattava di una strada considerata pericolosa dalla scorta. Nonostante ciò, non arrivò mai l’autorizzazione per il divieto di parcheggio.
Quel giorno, Paolo Borsellino non andò dalla madre, ma andò, insieme alla famiglia, alla villa al mare a Villagrazia di Carini.
Dopo una segnalazione da parte di alcuni complici, alle 16.58 una Fiat 126 rubata, che conteneva 90 kg di esplosivo, fu fatta saltare in aria da un comando azionato a distanza, appena Borsellino e i suoi agenti della scorta scesero dall’auto.
L’attentato tolse la vita al magistrato Paolo Borsellino e a cinque agenti della sua scorta: Agostino Catalano, Vincenzo Li Muli, Walter Eddie Cosina, Claudio Traina ed Emanuela Loi (prima donna a far parte di una scorta e prima donna della Polizia di Stato a cadere in servizio).
L’unico sopravvissuto fu l’agente Antonino Vullo che, al momento dell’esplosione, stava parcheggiando una delle macchine della scorta.
Vullo ha descritto così l’esplosione:
“Il giudice e i miei colleghi erano già scesi dalle auto, io ero rimasto alla guida, stavo facendo manovra, stavo parcheggiando l’auto che era alla testa del corteo. Non ho sentito alcun rumore, niente di sospetto, assolutamente nulla. Improvvisamente è stato l’inferno. Ho visto una grossa fiammata, ho sentito sobbalzare la blindata. L’onda d’urto mi ha sbalzato dal sedile. Non so come ho fatto a scendere dalla macchina. Attorno a me c’erano brandelli di carne umana sparsi dappertutto […] “.
Anniversario attentato Paolo Borsellino: le reazioni dopo l’attentato
Nella notte del 19 luglio, l’allora Ministro della Giustizia Claudio Martelli firmò d’urgenza l’applicazione del regime del carcere duro nei confronti di circa 300 detenuti per reati di mafia, ‘ndrangheta e camorra.
Il 21 luglio, nella Cattedrale di Palermo, si svolsero i funerali dei cinque agenti di scorta, morti nell’attentato. Un funerale che caratterizzato da feroci proteste: la folla era inferocita e continuava a gridare “Fuori la mafia dallo Stato”.
Il 24 luglio, invece, circa 10’000 persone parteciparono ai funerali privati di Paolo Borsellino. Furono celebrati nella chiesa di Santa Maria Luisa di Marillac, dove il giudice andava a sentir messa nelle domeniche di festa. La famiglia, infatti, rifiutò i funerali di Stato e non volle alcun politico alla cerimonia.
Anniversario attentato Paolo Borsellino: le polemiche dopo la morte
Paolo Borsellino lo aveva detto prima di morire:
“Mi uccideranno, forse saranno mafiosi a farlo materialmente, ma altri avranno voluto la mia morte”.
Dopo trent’anni, la verità ancora non è stata scoperta. Sono tanti ancora gli interrogativi dietro quell’attentato, come la responsabilità al di fuori di Cosa Nostra e gli autori del depistaggio delle indagini.
Uno degli interrogativi più grandi è sicuramente su dove sia finita la famosa agendina rossa, un oggetto dal quale Borsellino non si separava mai e che non era nella borsa del magistrato al momento dell’attentato.
Come testimoniato dai due figli, Lucia e Manfredi, Borsellino utilizzava quotidianamente quell’agendina rossa, soprattutto dopo la morte del suo collega e amico Falcone. L’ipotesi dei figli è che in quell’agendina rossa ci fossero informazioni che avrebbero potuto sbrogliare facilmente le indagini.
L’eredità di Borsellino
Paolo Borsellino è stato un uomo straordinario, così come lo è stato Giovanni Falcone e tutti gli uomini e le donne che hanno tentato di combattere la mafia.
Un uomo che ha dato la sua vita per liberare il suo Paese dall’ombra della mafia che, come un cancro, ha divorato l’Italia per anni, uccidendo uomini e donne valorosi.
Per celebrare i 30 anni dalla strage, si terrà oggi un corteo commemorativo da via Cilea e via d’Amelio.
Paolo Borsellino ha combattuto, fino all’ultimo giorno, per debellare la mafia. Oggi, nel trentesimo anniversario dalla sua morte, lo vogliamo ricordare con le sue parole:
“È bello morire per ciò in cui si crede; chi ha paura muore ogni giorno, chi non ha paura muore una volta sola”.
Fonte: articolo di redazione lentepubblica.it