Jobs Act e licenziamenti collettivi: avanti con il testo del governo, la sanzione reintegratoria è assurda.

Alla vigilia del parere della commissione Lavoro della Camera sullo schema di decreto attuativo sul contratto a tutele crescenti del Jobs Act, l’Ancl esprime la forte preoccupazione, basate su notizie di stampa, sul mantenimento della sanzione reintegratoria in caso di licenziamenti collettivi che non rispettino i criteri di scelta, stabiliti per legge, del lavoratore da licenziare.

Spiega Francesco Longobardi, presidente del sindacato nazionale dei consulenti del lavoro: «Le aziende in crisi, che si vedono costrette ad avviare una procedura di licenziamento collettivo, di tutto hanno bisogno tranne che di norme che incentivino contenziosi individuali, cavillosi e di corto respiro». Infatti, se un’azienda deve operare una riduzione del personale, e se il contratto collettivo non li prevede specificatamente, nel scegliere quali lavoratori licenziare è tenuta a considerare i cosiddetti “criteri di scelta” (come l’anzianità del lavoratore, l’incidenza sul suo reddito famigliare etc) stabiliti per legge già nel 1991. «Già di per sé i criteri sono sempre stati abbastanza aleatori e molto interpretativi- continua Longobardi – Quando con la riforma Fornero è stato introdotto l’obbligo di reintegro in caso della loro violazione, il contenzioso è aumentato moltissimo. Senza contare che si sono create situazioni di “guerra fra poveri”, perché ogni reintegrazione operata determina il licenziamento di un altro lavoratore».

Secondo l’Ancl, in questo caso specifico, la tutela risarcitoria a favore del lavoratore licenziato è più che sufficiente: «Lo abbiamo scritto nel nostro documento di osservazioni e suggerimenti al Jobs Act, e il testo approvato in prima lettura dal Consiglio dei Ministri ci aveva dato ragione. Ci auguriamo che questi ultimi passaggi parlamentari non cambino rotta», conclude il presidente Ancl Longobardi.

 

 

FONTE: ANCL – Associazione Nazionale Consulenti del Lavoro, Sindacato Unitario

 

 

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