Si allarga la forbice tra il Nord e il Sud del Paese, accentuata dalla crisi degli ultimi anni. Sia in termini di popolazione che di stock di capitale produttivo, il Mezzogiorno vede ridursi il proprio ruolo in termini di contributo attuale e potenziale alla crescita del Paese. Senza un’inversione di questa tendenza sarà difficile per l’Italia intraprendere un sicuro percorso di ripresa a lungo termine.
Il Pil pro capite del Sud nel 2013 (17.224 euro) scende al 55,2% di quello del Nord- Ovest (32.102) e nel 2015 sarà inferiore al 55%.
Cresce il divario dei consumi pro capite del Mezzogiorno rispetto a quelli del Nord- Ovest, peggiorando dal 70% del 1995 al 65% del 2013. E se al Nord-Ovest occorreranno meno di 10 anni per tornare ai consumi pro capite del 2007, nel Meridione bisognerà attendere oltre 14 anni.
Il Mezzogiorno arretra in modo consistente e allarmante anche nella dotazione di capitale produttivo (dal 31% del 1995 al 28% del 2013) che è circa la metà di quella del Nord (54% nel 2013).
Il Sud esporta solo il 13% della sua produzione rispetto a circa il 32% del Nord a dimostrazione dell’inefficacia di politiche di sviluppo che, puntando esclusivamente sull’industrializzazione dei territori meridionali, hanno trascurato la vocazione naturale del Mezzogiorno alle principali attività terziarie, come il turismo.
Turismo che nel Meridione non è adeguatamente valorizzato: solo il 13,2% dei turisti stranieri sceglie le regioni meridionali, mentre ben il 44,3% si indirizza al Nord-Est.
Il capitale artistico-culturale, ambientale ed eno-gastronomico del Sud è, dunque, gravemente sottoutilizzato.
In termini occupazionali si evidenzia un drammatico e preoccupante arretramento delle regioni meridionali anche a causa della pesante recessione in atto dal 2008. Tra il 1995 e il 2013 l’occupazione al Sud si è ridotta del 5,2%, mentre nel Nord-Ovest è aumentata della stessa percentuale.
Sul fronte demografico, tra il 1995 e il 2013 si è registrato un calo dello 0,2% della popolazione del Mezzogiorno, mentre nello stesso periodo è cresciuta di oltre l’11% nel Nord-Est. Un segnale preoccupante per il Sud perché indica una progressiva perdita della capacità attrattiva di risorse umane in quest’area del Paese, che continua a spopolarsi, e getta un’ombra sulle prospettive di crescita del Mezzogiorno nel medio termine. E anche il tasso di natalità meridionale si è ridotto drasticamente passando da 10,1 per mille del 2002 a 9,1 per mille nel 2012, mentre nello stesso periodo è rimasto invariato nel Nord-Ovest (9 per mille).
Questi, in sintesi, i principali risultati che emergono da un’analisi dell’Ufficio Studi Confcommercio sul divario tra il Nord e il Sud del Paese presentata oggi a Bari nel corso della due giorni dei Giovani Imprenditori di Confcommercio “L’Italia che verrà”.
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FONTE: Confcommercio