Nella Gazzetta Ufficiale del 21 dicembre 2017 è stato pubblicato il decreto interministeriale 3 novembre 2017 n. 195 “Regolamento recante la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro e le modalità di applicazione della normativa per la tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro agli studenti in regime di alternanza scuola-lavoro.”
La notizia positiva è che finalmente esiste una “Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola lavoro”. È indubbiamente un evidente passo in avanti avere un documento normativo nel quale
- viene data la possibilità agli studenti di esprimere valutazioni sia durante che al termine del percorso,
- i provvedimenti disciplinari rientrano nell’alveo di quanto previsto dallo Statuto delle studentesse e degli studenti
- è previsto l’obbligo di informazione sui percorsi e sulle sue finalità nei confronti degli studenti e dei soggetti con responsabilità genitoriale
- è sancito il principio della coerenza tra percorso in alternanza e percorso di studio seguito.
Si tratta di avanzamenti ottenuti anche grazie al grande lavoro della FLC CGIL e delle organizzazioni studentesche.
La notizia negativa è che la Carta è palesemente inadeguata rispetto ai processi in atto nelle scuole impegnate nell’attuazione dell’alternanza così come riordinata dalla Legge 107/15. Ciò è dovuto innanzitutto al lungo iter di approvazione che ha trasformato il provvedimento da strumento di orientamento nell’attuazione dei percorsi di alternanza, a dispositivo che tenta di rincorrere e dare soluzione, peraltro senza riuscirci, alle problematiche quotidiane che affrontano le istituzioni scolastiche, gli studenti, le famiglie.
In particolare la “Carta” non fornisce strumenti adeguati per prevenire e sanzionare abusi sulle studentesse e sugli studenti in alternanza. Di fatto l’unico strumento, peraltro ampiamente pubblicizzato, è il famoso bottone rosso presente nella piattaforma informatica predisposta dal MIUR, che gli studenti possono utilizzare per denunciare violazioni della Carta. Nessuna indicazione sui requisiti strutturali, funzionali ed etici che dovrebbero possedere i soggetti ospitanti e quelli professionali e didattici dei tutor esterni. Totale silenzio sull’obbligo che gli studenti debbano essere costantemente seguiti da chi realizza i percorsi con particolare attenzione durante i periodi di sospensione delle attività didattiche. Insomma il rischio che la denuncia di un abuso si trasformi in una mera procedura burocratica fatta solo di montagne di carte da esaminare, è dietro l’angolo.
Poi c’è il capitolo delle ambiguità del Regolamento.
In primo luogo c’è la definizione dello Status dello studente in alternanza. Da un lato si chiarisce positivamente che scopo della “Carta” è quello di dare agli studenti “l’opportunità di conoscere ambiti professionali, contesti lavorativi e della ricerca, utili a conseguire e integrare le competenze curriculari” (art. 1 comma 1). Dall’altro però il rapporto studenti/tutor non è effettuato prioritariamente in base ai dispositivi didattici utilizzati, ma solo in relazione al rischio dell’attività lavorativa effettuata nel soggetto ospitante. E qui ci si chiede se sia lecito che gli studenti accedano ad ambienti connotati da un alto rischio lavorativo…
In secondo luogo non è affatto chiaro quali strumenti abbia il singolo studente per verificare se un’attività in alternanza sia coerente o integrativa del curricolo e quindi obbligatoria in base alla legge 107/15, oppure extracurricolare e quindi non obbligatoria.
In terzo luogo c’è la questione relativa alla progettazione dei percorsi. Secondo l’articolo 3 comma 2 i percorsi di alternanza “sono progettati, attuati, verificati e valutati sotto la responsabilità dell’istituzione scolastica,” (ripresa dell’art. 1 comma 2 del D. Lgs. 77/05). Secondo il successivo comma 3 invece “I percorsi di alternanza (…) sono co-progettati con il soggetto ospitante.” Probabilmente la spiegazione si trova nel successivo comma 6 “Le istituzioni scolastiche, nell’ambito degli ordinari stanziamenti di bilancio, destinano specifiche risorse alle attività di progettazione dei percorsi in alternanza, (…)”.
Poi c’è il capitolo delle omissioni.
Per gli studenti con disabilità c’è solo un comma che precisa che i percorsi in alternanza “sono realizzati in modo da promuovere l’autonomia nell’inserimento nel mondo del lavoro”. Si rimanda poi al Piano educativo individualizzato che in base all’art. 7 comma 2 lettera e) del D. Lgs. 66/17 “definisce gli strumenti per l’effettivo svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro, assicurando la partecipazione dei soggetti coinvolti nel progetto di inclusione”. Proprio poco per una delle problematiche più complesse che le scuole devono affrontare quotidianamente.
Come richiesto dalla Conferenza Unificata, non si fa alcun riferimento a stage, tirocini e didattica di laboratorio. La cosa appare incredibile poiché la norma di riferimento che ha determinato l’emanazione della “Carta” (Legge 128/13 art. 5 comma 4-ter) elenca tutti suddetti dispositivi didattici che come è noto hanno una loro codificazione nell’ambito della normativa della secondaria di II grado.
I diritti e i doveri elencati nella Carta non si applicano agli studenti che frequentano i percorsi in alternanza realizzati nei Centri di Formazione Professionale accreditati per la realizzazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale (IeFP), creando così una disparità di trattamento tra studenti insensata e ingiusta.
La Carta omette di indicare la durata massima delle attività giornaliere svolte in regime di alternanza, lasciando l’onere della sua definizione alla convenzione tra scuola e soggetto ospitante con un generico richiamo al “rispetto della normativa vigente”.
Infine c’è il capitolo delle confusioni
Palesemente incomprensibile è la parte relativa alla valutazione dei percorsi ed in particolare l’incrocio tra le valutazioni disciplinari/curricolari, la certificazione delle competenze ai sensi del D. Lgs. 13/13 e il riconoscimento del percorso in termini di crediti scolastici e formativi.
La confusione diventa caos laddove gli aspetti sopra elencati vanno ad impattare con le nuove norme sull’esame di maturità applicabili a partire dall’anno scolastico 2018/19 che di fatto tratteggiano l’alternanza più come una materia scolastica che come una metodologia didattica.
Appare evidente come l’adozione della Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza avviene in un quadro ordinamentale e valoriale che la FLC CGIL non condivide
- lo stravolgimento del ruolo e delle finalità dell’alternanza
- l’insensata quantificazione per legge del monte ore triennale
- il mancato obbligo di individuare i soggetti ospitanti dall’apposito registro istituito presso le Camere di Commercio
- l’istituzionalizzazione dei percorsi estivi o durante i periodi di sospensione delle attività didattiche
- l’insufficienza di indicazioni per gli studenti disabili.
Per questo la FLC CGIL continuerà la battaglia affinché si giunga alla cancellazione delle norme più deleterie della Legge 107/15 in tema di alternanza e a un completo capovolgimento delle sue finalità.