Purché sia in ottime condizioni e non deteriorato, un alimento scaduto può essere ancora venduto. O meglio, se si vende non si commette alcun reato.
La sentenza è piuttosto recente: la Corte di Cassazione (Sentenza 20 settembre 2016, n. 38841) ha sdoganato la vendita di alimenti scaduti purché non deteriorati. Il tutto, peraltro, in un periodo in cui si parla già tanto di lotta agli sprechi alimentari.
La Corte d’appello motiva su ambedue i profili di doglianza in maniera adeguata ed immune da vizi logici, evidenziando che, come emerso dalle dichiarazioni dei due carabinieri che avevano acquistato due buste di patatine scadute di validità, il prodotto aveva perduto le qualità essenziali (freschezza e fragranza) sicché sussistevano le condizioni per la configurabilità del reato in questione. Sul punto pacifico è l’orientamento di questa Corte, autorevolmente affermato dalle Sezioni Unite, secondo cui la messa in vendita di prodotti scaduti di validità integra il delitto di cuiall’art. 516 cod. pen. (vendita di sostanze alimentari non genuine come genuine) solo qualora sia concretamente dimostrato che la singola merce abbia perso le sue qualità specifiche, atteso che il superamento della data di scadenza dei prodotti alimentari non comporta necessariamente la perdita di genuinità degli stessi (Sez. U, n. 28 del 25/10/2000 – dep. 21/12/2000, Morici, Rv. 217296).
Nel caso di specie, per come emerso dalle dichiarazioni dei due militari dell’Arma dei carabinieri – che, liberi dal servizio, avevano acquistato le buste di patatine presso un punto vendita gestito dal ricorrente, mentre si trovavano allo stadio -, non solo era risultato che il prodotto fosse scaduto di validità ma, soprattutto, era stato accertato dagli stessi militari che le patatine avevano perduto le loro “qualità specifiche”, essendo invero indubbio che freschezza e fragranza delle patatine costituiscono qualità specifiche che il consumatore si attende dal prodotto in questione.
Come più volte affermato dalla Corte è inammissibile il ricorso per cassazione fondato su motivi non specifici, ossia generici ed indeterminati, che ripropongono le stesse ragioni già esaminate e ritenute infondate dal giudice del gravame o che risultano carenti della necessaria correlazione tra le argomentazioni riportate dalla decisione impugnata e quelle poste a fondamento dell’impugnazione (Sez. 4, n. 18826 del 09/02/2012 – dep. 16/05/2012, Pezzo, Rv. 253849).
II motivo si presenta, inoltre, manifestamente infondato, atteso che la perdita delle qualità specifiche del prodotto è stata attestata, come dianzi visto, dai due acquirenti, dovendosi altresì evidenziare, quanto alla questione della messa in vendita dei prodotto, che la maggiore o minore durata della detenzione, e la maggiore o minore imminenza della vendita, sono irrilevanti ai fini dellaconfigurazione dei reato di cui all’art 516 cod. pen., oggettivamente integrato dalla relazione di fatto tra esercente e sostanza non genuina e soggettivamente completato dall’intenzione di esitarla come genuina (Sez. 6, n. 5353 del 20/12/1979 – dep. 23/04/1980, Cutino, Rv. 145114).
In allegato il testo della Sentenza.