Nell’ambito dell’accertamento induttivo dei redditi, è da ritenersi legittimo l’atto di recupero del maggior reddito emesso nei confronti di una autoscuola dall’Agenzia delle Entrate, che aveva desunto il numero dei clienti dell’impresa da informazioni acquisite presso il ministero dei Trasporti e che aveva applicato come ricavo medio, per ciascun cliente, i risultati di un’indagine espletata da una rivista specializzata nel settore dei diritti del consumatore. È quanto emerge dall’ordinanza della Corte di cassazione n. 20353 del 9 ottobre 2015.
I fatti di causa
La vicenda giudiziaria muove dall’impugnazione, da parte di una autoscuola, di un avviso di accertamento relativo a Irpef-Iva-Irap, anno d’imposta 2004, con il quale l’Agenzia delle entrate accertava maggiori redditi d’esercizio da attività d’impresa, sulla scorta di modalità analitico-induttive e, quindi, sulla base di elementi di capacità contributiva desunti da presunzioni.
La Commissione tributaria provinciale accoglieva il ricorso con sentenza che veniva parzialmente riformata in sede di appello. In particolare, i giudici di secondo grado ritenevano gravi, precise e concordarti le presunzioni utilizzate dall’Agenzia che, in sede di accertamento, aveva desunto il numero dei clienti dell’impresa da informazioni acquisite presso il ministero dei Trasporti e aveva applicato come ricavo medio per ciascun cliente (in ragione della tipologia di prestazioni) i risultati di un’indagine espletata da una rivista specializzata nel settore dei diritti del consumatore.
Inoltre, a tal proposito, rilevavano che la contribuente sul punto non aveva fornito alcuna prova contraria nel corso del giudizio. Tuttavia, i giudici di appello ritenevano che le predette informazioni, poiché scaturivano da un’indagine riferita a realtà economiche di grandi dimensioni e quindi diverse da quella, più piccola, in cui operava la società accertata, dovevano essere rimeditate in sede processuale. Conseguentemente, procedevano a una riduzione proporzionale dei ricavi contestati dal Fisco.
Avverso la sentenza di secondo grado, l’autoscuola proponeva ricorso per cassazione, al fine di eccepire, fra l’altro, la violazione: dell’articolo 39 del Dpr 600/1973, in quanto non poteva considerarsi “fatto noto” il prezzo medio praticato da un campione di 128 autoscuole ubicate in grandi città, trattandosi di una indagine priva di qualsiasi valenza scientifica; dell’articolo 7 della legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente), in quanto detta indagine non era stata allegata all’atto impositivo, impedendo di fatto l’esercizio del diritto di difesa da parte del contribuente. Resisteva con controricorso l’Agenzia delle Entrate.
La decisione
Con l’ordinanza in argomento, la Cassazione ha rigettato il ricorso dell’autoscuola, in quanto fondato su motivi privi di attinenza e quindi inammissibili. Infatti, la parte, “ribadendo sostanzialmente la critica già rivolta nei precedenti gradi di giudizio alle ragioni presuntive su cui è fondato il provvedimento impositivo”, ha omesso di considerare che “il giudice del merito ha fatto autonoma rielaborazione di detti dati presuntivi riqualificando le stesse modalità deduttive funzionali alla individuazione del maggior reddito accertato, esso stesso rideterminato rispetto a quello originario”.
Per effetto di tale decisione, è passata in giudicato la sentenza di secondo grado e, conseguentemente, è stato confermato l’accertamento analitico-induttivo disposto nei confronti dell’autoscuola, ai sensi dell’articolo 39, comma 1, lettera d), ultimo periodo, del Dpr 600/1973, secondo il quale “… l’esistenza di attività non dichiarate o la inesistenza di passività dichiarate è desumibile anche sulla base di presunzioni semplici, purché queste siano gravi, precise e concordanti”.
Pertanto, i risultati di un’indagine, pubblicati da una rivista specializzata, sono stati considerati alla stregua di circostanze gravi, precise e concordanti, idonei a giustificare la “evidente sperequazione rispetto ai ricavi dichiarati dalla contribuente” e dunque dotati di efficacia probatoria. A maggior ragione nel caso di specie, ove “nessuna ragionata critica” è stata formulata dalla autoscuola in sua difesa (sul riparto dell’onere probatorio in materia di accertamento analitico-induttivo cfr, ex multis,Cassazione, 8639/2015).
Del resto, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità, “L’apprezzamento in ordine alla gravità, precisione e concordanza degli indizi posti a fondamento dell’accertamento effettuato con metodo presuntivo attiene alla valutazione dei mezzi di prova, ed è pertanto rimesso in via esclusiva al giudice di merito, salvo lo scrutinio riguardo alla congruità della relativa motivazione (tra varie, Cassazione 30 ottobre 2013, n. 24437)” (cfr Cassazione, 12558/2015).