Secondo i risultati delle elaborazioni e dei confronti di “Openpolis” e “Con i Bambini” su dati Istat sono essenzialmente due i divari che incidono sull’attuale offerta dei servizi di asilo nido: il gap tra nord e sud e quello tra città e aree interne.
L’Italia spende circa 1,4% del PIL per le famiglie con bambini, mentre nell’Ocse in media si spende il 2,2%.
Circa il 29% dei bambini al di sotto dei 3 anni usufruiscono dei servizi all’infanzia, una cifra di molto inferiore alla percentuale dei bambini iscritti alla scuola dell’infanzia (il 98% dei bambini tra i 3 e i 5 anni).
I servizi all’infanzia, che comprendono anche gli asili nido destinati a bambini fino a 3 anni di età, sono principalmente organizzati a livello locale dai Comuni e da soggetti privati, sulla base delle normative emanate dalle singole Regioni.
Questi sono alcuni dati emersi dal rapporto del Senato sui servizi per l’Infanzia da 0 a 6 anni.
E in questo senso, sull’organizzazione dei servizi, gioca un ruolo fondamentale il divario tra Nord e Sud e quello tra città e aree interne. A coommentare questo gap sono i risultati delle elaborazioni e dei confronti di “Openpolis” e “Con i Bambini” su dati Istat
Asili Nido: le criticità e le distanze tra Nord e Sud
Aumentano i territori sopra la soglia del 33%, ma quasi 6 province su 10 non raggiungono quella del 75% di comuni con il servizio. 27,2 posti ogni 100 bambini nei servizi prima infanzia nel 2020. Un dato in crescita ma lontano dagli obiettivi Ue, che ha appena innalzato la soglia da 33 a 45%.
Per ridurre i divari il decreto legislativo 65/2017 ha stabilito due obiettivi: “(…) l’obiettivo tendenziale di raggiungere almeno il 33 per cento di copertura della popolazione sotto i tre anni di età a livello nazionale”; “lo Stato promuove (…) la graduale diffusione territoriale dei servizi educativi per l’infanzia con l’obiettivo tendenziale di raggiungere il 75 per cento di copertura dei comuni, singoli o in forma associata”.
Rispetto al 2013 sono raddoppiati i territori sopra la soglia del 33%, ma il nuovo target Ue del 45% è superato solo in 3 province dell’Emilia-Romagna. Quasi 6 province su 10 non raggiungono la soglia del 75% di comuni con il servizio.
Aono diminuiti i territori in cui i posti offerti sono meno di 10 ogni 100 utenti potenziali. Questi si sono ridotti da 12 province su 110 a 4 su 107. Si tratta sempre di aree del mezzogiorno.
All’inizio della rilevazione erano Caserta, Napoli, Avellino, Cosenza, Barletta-Andria-Trani, Vibo Valentia, Palermo, Crotone, Salerno, Catania, Foggia e Caltanissetta. Nel 2020 si trovano in questa situazione Caserta, Cosenza, Caltanissetta e Ragusa.
Documenti utili
Qui di seguito potete consultare i documenti utili sull’argomento:
Fonte: ALI - Autonomie Locali Italiane (tratto da openpolis.it)