Il 74% dei giovani è molto soddisfatto dell’esperienza compiuta. E le competenze e abilità acquisite favoriscono le possibilità occupazionali

Roma, 18 novembre 2014 – Esiste una cultura del dono oggi in Italia? In una società in cui la crisi continua a mordere famiglie e imprese, e sembra aggravarsi il rischio di cadere in povertà, c’è ancora fiducia nell’economia della gratuità ed è ancora possibile parlare di un impegno dell’Italia a favore dei Paesi in condizioni più svantaggiate?

Sembrerebbe proprio di sì, stando ai dati della ricerca sui giovani che hanno svolto il servizio civile nazionale all’estero realizzata dal Censis e promossa dalla Focsiv (Federazione organismi cristiani servizio internazionale volontario), che verrà presentata domani a Roma nella sede dell’istituto di ricerca.

Da quando è stato istituito nel 2001, sono oltre 5.000 i giovani fino a 28 anni che hanno speso un anno lavorando in progetti di cooperazione internazionale, collaborando a circa 600 iniziative in 75 Paesi diversi. È la punta avanzata di un piccolo esercito di ragazzi e ragazze volontari che, per periodi più o meno lunghi, magari solo per le vacanze estive, si impegnano in prima persona in progetti di sviluppo: una presenza dell’Italia all’estero qualificata e apprezzata. E al ritorno i ragazzi sono «diversi», con nuove competenze, nuove energie, maggiore facilità nel trovare o inventarsi un lavoro.

Perché scelgono di partire? Non perché non si abbia nulla da fare (opzione di un trascurabile 0,4%) e nemmeno come alternativa a un periodo di disoccupazione (1,1%). Le motivazioni sono di tipo valoriale: il 61,5% ha visto nel servizio civile all’estero l’opportunità di una crescita personale e di un arricchimento umano, il 52,2% lo ha vissuto come un modo per accrescere le proprie competenze, il 36,9% come un completamento del percorso di formazione.

È stata un’esperienza che non li ha delusi: l’87% di questi giovani ritiene che le cose siano andate secondo le loro aspettative, il 74% si dice molto soddisfatto dell’esperienza compiuta, metà del campione pensa che sia più quello che si riceve da un’esperienza del genere che quello che si dà.

La qualità che hanno appreso di più è l’apertura mentale: l’87,8% sente di averne di più rispetto a prima. Segue la solidità emotiva (65,4%). E il 66% dei giovani ritiene che le competenze acquisite durante l’anno di servizio civile all’estero siano molto o abbastanza utili nello svolgimento del loro lavoro.

Questi giovani sembrano avere una marcia in più anche nella ricerca di un lavoro: il 69% ritiene che il servizio civile all’estero sia stato utile per trovare lavoro, per il 25% è stato addirittura determinante. Non a caso, quasi il 70% di coloro che sono tornati dal servizio civile all’estero oggi è occupato. Tra gli occupati, il 73% ha trovato lavoro entro 6 mesi dal rientro, con un periodo di ricerca medio di circa 3 mesi, contro la media nazionale degli italiani laureati che è di 4,3 mesi.

 

 

FONTE: CENSIS

 

 

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