L’idea è stata lanciata dal presidente Asmel, Francesco Pinto, durante l’assemblea dell’associazione che raggruppa 1861 enti locali in tutt’Italia svoltasi presso la sede del Tar Campania e che ha visto la presenza attiva di oltre 400 comuni. Nel corso della tavola rotonda su «Appalti e Legalità», cui hanno partecipato, tra gli altri, il presidente dell’Avcp Santoro e quello del Tar Campania Mastrocola, è stata proposta l’integrale e immediata abolizione del Codice degli appalti.

Una ragnatela di norme (vedi riquadro) che rendono la vita difficile, se non impossibile, alle stazioni appaltanti e che, anziché contrastare corruttela e malaffare di fatto li «coprono».

D’altra parte, l’integrale abolizione di questa giungla di disposizioni, non creerebbe un vuoto normativo. Le stazioni appaltanti sarebbero chiamate ad applicare le direttive sugli appalti appena entrate in vigore a livello europeo, di fatto già autoapplicative (cosiddette self-executive) senza attendere il loro recepimento nella legislazione italiana, previsto entro due anni. Si tratta di testi scritti in un italiano fluente e già tradotti in inglese con gran soddisfazione di operatori e investitori esteri che, come noto, si tengono alla larga dal mercato italiano, principalmente, a causa della farraginosità della nostra normativa. Una miriade di precetti bizantini e prescrittivi capaci di produrre solo deresponsabilizzazione e smarrimento negli uffici acquisti. La loro abolizione, assieme all’introduzione delle nuove norme sulla centralizzazione delle committenze, porterebbe gli uffici comunali, composti per la stragrande maggioranza da persone perbene e motivate, a impegnarsi solo sui risultati. In questo senso con Asmel la possibilità di costituire centrali di committenza tra comuni mediante «accordi consortili avvalendosi dei competenti uffici» viene declinata lasciando ampia autonomia agli stessi nei compiti da delegare alla centrale, che possono essere limitati a «pezzi» dell’attività o prevedere la delega completa. Esattamente come previsto dalle nuove direttive europee che lasciano libere le stazioni appaltanti di affidarsi alle centrali di committenza anche limitatamente a funzioni «ausiliarie».

Una simile proposta è in grado di ridurre drasticamente il contenzioso. Le statistiche dimostrano che esso è alimentato per la gran parte proprio dalle intricatissime norme che regolano le cosiddette «buste amministrative», e di dare una forte accelerazione agli investimenti pubblici e privati. Tenuto conto che il volume annuo degli appalti pubblici in Italia ammonta a circa 100 miliardi di euro, pari a circa l’8% del Pil, è sufficiente un’accelerazione della spesa nel settore pari al 15 per cento annuo per raddoppiare il tasso di crescita della nostra economia attualmente stimato per il 2015 nell’1,2%.

Di certo, una simile proposta andrà corredata dal rafforzamento del ruolo di vigilanza sull’attività delle Stazioni appaltanti già oggi svolto dall’Avcp in maniera incisiva, ma che, liberata dai vari orpelli, avrà maggiori poteri per perseguire i comportamenti dolosi. Nei comuni andrà rafforzato, invece, il ruolo dei segretari comunali, per affiancare gli uffici acquisti orfani della normativa di riferimento.

FONTE: Asmel (Associazione per la sussidiarietà e la modernizzazione degli enti locali)

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