Da un rapporto dell’Ilo appena pubblicato emerge che, nonostante i costanti progressi registrati a partire dalla prima Convenzione del 1919 e una chiara tendenza verso il rafforzamento del congedo di paternità, sono ancora più di 800 milioni le donne che continuano a essere escluse da qualsiasi tipo di tutela.

Dal 1919, anno in cui l’Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) adottò la sua prima Convenzione sulla Protezione della maternità, la maggior parte dei Paesi ha adottato disposizioni per tutelarla. Secondo un rapporto appena pubblicato, però, nel mondo sono più di 800 milioni le lavoratrici che non hanno ancora un’adeguata protezione.

Analizzate legislazioni e prassi di 185 Paesi. Nel report Maternity and Paternity at Work: Law and practice across the world (Maternità e paternità nel lavoro: legislazioni e prassi nel mondo), l’Ilo sottolinea che su un totale di 185 Paesi e territori, 66 hanno assunto impegni con almeno una delle tre Convenzioni in materia di protezione della maternità, adottate nel 1919, 1952 e 2000. Queste Convenzioni stabiliscono, in particolare, la prevenzione dall’esposizione a rischi per la salute e la sicurezza durante la gravidanza e l’allattamento, il diritto al congedo di maternità retribuito, alla tutela della salute della madre e del bambino e ai permessi per allattamento, e il diritto al reintegro sul posto di lavoro dopo il periodo di congedo.

In 111 casi norme precise sugli impieghi pericolosi. Il rapporto traccia anche un’analisi comparata delle legislazioni nazionali con le norme dell’Ilo più recenti. In materia di salute e sicurezza, 111 Paesi su 160 prevedono norme specifiche sui lavori considerati pericolosi e insalubri per le donne in gravidanza o che allattano, e 78 prevedono il divieto assoluto di svolgere questo tipo di lavori. Sono soltanto tre, inoltre, i Paesi che non prevedono l’obbligo di versare un’indennità durante il congedo di maternità e, ad oggi, più di cento quelli che garantiscono il pagamento di un’indennità all’interno dei loro sistemi di sicurezza sociale, in modo da ridurre il contributo dei datori di lavoro.

Verso una durata del congedo di almeno 14 settimane. Dal 1994 a oggi, nessun Paese ha ridotto la durata del congedo e si osserva un’evoluzione progressiva verso una durata minima di 14 settimane, come previsto dalle Convenzioni Ilo. Rispetto alla protezione contro la discriminazione, invece, solo 20 Paesi su 165 non la vietano esplicitamente durante la gravidanza e il congedo di maternità.

Sempre più diffuse anche le misure a favore dei padri. Oltre alla legislazione sulla protezione della maternità, molti Paesi dispongono anche di misure a favore dei padri che lavorano. Su 167 Paesi esaminati, infatti, 78 prevedono norme per il congedo di paternità, spesso retribuito, a indicare una chiara tendenza verso una maggiore partecipazione dei padri alla nascita di un figlio. Il congedo parentale a favore dei padri è più frequente nei Paesi industrializzati, in Africa, in Europa Orientale e in Asia Centrale, ed è retribuito in 70 dei 78 Paesi in cui è previsto.

Nella pratica resta una delle principali sfide di oggi”. “Se le nostre conclusioni mostrano che sono molti i Paesi che hanno introdotto nelle loro legislazioni i principi sulla tutela della maternità e il sostegno ai lavoratori con responsabilità familiari – sottolinea Laura Addati, coautrice del rapporto ed esperta di protezione della maternità e di conciliazione vita-lavoro dell’Ilo – nella pratica la mancanza di queste tutele resta una delle principali sfide di oggi in materia di maternità e paternità nel lavoro”.

In Africa e Asia l’80% delle lavoratrici senza tutela. Circa l’80 per cento dei circa 830 milioni di lavoratrici che non godono ancora di un’adeguata protezione della maternità, in termini di congedo e sicurezza del reddito al momento del parto, si trova in Africa e in Asia, dove alcuni gruppi di lavoratori sono completamente esclusi da qualsiasi forma di protezione, sia dal punto di vista normativo che pratico. È il caso, per esempio, dei lavoratori autonomi, migranti, domestici, del settore agricolo, occasionali o temporanei, o delle persone che appartengono a minoranze indigene e tribali. In queste aree geografiche, dove la copertura è principalmente sotto la responsabilità del datore di lavoro, predomina il lavoro informale e i tassi di mortalità materna e infantile sono ancora molto elevati.

“Necessari interventi per conciliare vita familiare e professionale”.“Per raggiungere la parità di genere – spiega Shauna Olney, direttore dell’ufficio Ilo per la parità di genere, l’uguaglianza e la diversità – è necessario proteggere la maternità. E se non esiste parità all’interno della propria casa, sarà una battaglia ardua conquistarla nel lavoro. È qui che entrano in gioco le misure sulle prestazioni di paternità e la cura dei bambini come anche altre politiche dirette a conciliare la vita familiare e professionale”.

“Mutualizzare le risorse per alleggerire i datori di lavoro”. Il rapporto dell’Ilo raccomanda quindi ai governi di adottare e attuare leggi e politiche inclusive per rendere efficace la protezione, e sottolinea la necessità di effettuare una valutazione delle carenze dei sistemi attuali. Il rapporto sottolinea, inoltre, che i datori di lavoro non dovrebbero sostenere l’intero carico dei costi delle prestazioni. “Il fatto di mutualizzare le risorse nel quadro di un’assicurazione sociale o di finanziamenti pubblici e di servizi sociali – precisa Olney a questo proposito –alleggerirebbe i datori di lavoro e favorirebbe allo stesso tempo la non discriminazione nel lavoro”.

FONTE: Inail

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