Da mesi si fa un gran parlare di ridurre i costi e tagliare la spesa pubblica. Il presidente del Consiglio Matteo Renzi più volte ha indicato il Cnel, come esempio di “spreco costituzionale”, tanto da inserire nel disegno di legge la sua abrogazione. Poco più di 10 milioni di euro all’anno risparmiati, contro qualche miliardo di euro che il Paese si aspetta vengano recuperati grazie alla spending review.  Molti tagli individuati dall’esecutivo sono finiti al centro di polemiche (soprattutto per i criteri con cui sono stati selezionati i “rami morti da tagliare”), così come alcuni mancati tagli. Qualche quotidiano in particolare ha voluto commentare l’esclusione dell’autotrasporto dai tagli motivandolo come “risultato di una lobby”. Affermazioni superficiali. Innanzitutto perché i costi del trasporto si riversano sulla competitività del sistema produttivo; in secondo luogo perché, se si riducesse il rimborso previsto sull’accisa per l’autotrasporto, i rifornimenti si sposterebbero nei Paesi dove il prezzo è più conveniente, riducendo le entrate per lo Stato. La selezione degli interventi è quindi un fattore essenziale. E proprio alla luce di questo, non si comprende come dai tagli decisi sia scomparso il Pra, Pubblico registro automobilistico gestito dall’Aci (anche se nelle ultime ore Matteo Renzi ha riannunciato l’accorpamento di Aci, Pra e Motorizzazione civile col provvedimento Sforbicia Italia che arriverà sul tavolo del governo il 13 giugno: auguriamoci non rimanga solo l’ennesimo annuncio…). Dopo lo scandaloso spreco di 7 miliardi di euro per consorzi ed enti inutili lasciati in vita dal governo Monti, l’annuncio della soppressione del Pra e il potenziamento degli uffici della motorizzazione aveva suscitato condivisione. Il doppione Pra – Aci Motorizzazione non esiste nel mondo e il costo generato si aggira intorno ai 220 milioni di euro. Tralasciando qualche particolare “insignificante”: che il Pra non garantisce la proprietà dei veicoli; che non può gestire le notizie che norme comunitarie assegnano allo Stato; che esiste già la norma comunitaria “il documento unico”, sulla carta di circolazione. La domanda allora è: perché l’abrogazione è saltata? Il simpatico presidente del Consiglio dovrebbe fornire qualche risposta. Una vogliamo, per simpatia, suggerirgliela noi citando un suo predecessore famoso per i suoi detti, Giulio Andreotti, che a proposito dell’Aci diceva che “l’inutilità dell’Aci è pari alla sua insopprimibilità…”

Tratto dal Blog stradafacendo.tgcom24.it

FONTE: Confcommercio

AUTORE: Paolo Uggé

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