Le cinque associazioni di Rete criticano il ripristino della vecchia e penalizzante tassazione, prevista nella Tari, veicolata dalla nuova versione del Dl SalvaRoma, approvato per ora solo alla Camera.
“Chiediamo al Governo e al Senato di intervenire immediatamente per evitare alle imprese l’aggravio della doppia imposizione sullo smaltimento dei rifiuti speciali”. Le cinque associazioni che compongono Rete Imprese Italia (Casartigiani, CNA, Confartigianto, Confcommercio e Confersercenti) criticano aspramente il ripristino della vecchia e penalizzante tassazione, prevista nella Tari, veicolata dalla nuova versione del Dl SalvaRoma, approvato per ora solo alla Camera. “Da lungo tempo – spiega la nota – gli imprenditori, che smaltiscono i propri rifiuti speciali al di fuori del servizio comunale, si vedono comunque applicare anche la tariffa rifiuti, sulla base di una interpretazione inappropriata del principio di assimilabilità ai rifiuti urbani. E’ un aggravio di costi stimato in 2 miliardi di euro. Ad affrontare il problema, sia pure in modo contraddittorio, era stata la Legge di stabilità. L’autentica svolta sembrava arrivata con la versione iniziale del Dl SalvaRoma, che correttamente escludeva dalla Tari i rifiuti speciali delle imprese avviati al recupero. Poi, purtroppo, la doccia fredda”. “Nel nuovo testo del Dl SalvaRoma – sottolinea Rete Imprese Italia – le imprese possono infatti usufruire solo di una eventuale riduzione della tariffa, disposta arbitrariamente dai comuni, in proporzione alla quantità dei rifiuti avviati al riciclo, escludendo addirittura dal beneficio i rifiuti avviati al recupero. Una previsione estremamente penalizzante, ingiustificata e anche contraddittoria rispetto alla disciplina europea, in base alla quale l’impresa deve poter optare per la gestione dei propri rifiuti al di fuori della gestione comunale anche nei casi in cui sarebbe consentita l’assimilabilità. E’ per questo – concludono gli imprenditori – che chiediamo il ripristino immediato del testo originario del Dl SalvaRoma e la soppressione di questo ennesimo balzello che penalizza le imprese italiane”.
FONTE: Confcommercio