Il Demanio mette in vendita un’isola della Laguna di Venezia: potrebbe diventare un albergo, e l’offerta è libera. Un gruppo di cittadini vorrebbe acquistarla, per farne un parco pubblico, e ha lanciato una raccolta fondi per “svelare che i prezzi di cartolarizzazione secolare sono delle vere e proprie svendite senza progetto”. L’associazione che hanno fondato si chiama – semplicemente – “Poveglia”

L’isola Poveglia è l’ennesimo pezzo della Laguna di Venezia che finisce sul mercato. Dopo quella di San Giacomo in Paludo, ceduta dall’Agenzia del Demanio al Comporta Extra del Fondo investimenti per la valorizzazione di Cassa depositi e prestiti, a maggio potrebbe passare di mano per 99 anni anche la “proprietà superficiaria” di Poveglia, che -spiega il sito del Demanio- è un “compendio costituito da tre isole molto vicine l’una all’altra di 72.500 mq complessivi nella Laguna Sud di Venezia”, dove “sono presenti fabbricati in pessimo stato manutentivo”.

Gli edifici, che complessivamente occupano 5mila metri quadrati, e potrebbero essere trasformati in un albergo, a meno che l’isola non venga “acquistata” dall’associazione “Poveglia per tutti”, che ha promosso un progetto/manifesto “99 euro per 99 anni” e aperto -il 6 aprile- una Pagina Facebook. In due giorni ha raccolto oltre 1.400 adesioni: “L’idea è partita meno di una settimana fa dal puro sdegno per la svendita del patrimonio pubblico -racconta Giancarlo Ghigi, uno dei promotori-, per le molte isole della laguna che recano bandiere di catene alberghiere internazionali. La banale constatazione che ‘a questi prezzi da miseria le compriamo noi’ si è trasformata in un progetto. Le diversità (culturali, politiche, progettuali) hanno trovato un primo approdo nell’elenco di quattro punti irrinunciabili”.

Dice “a questi prezzi”, Giancarlo, perché l’offerta per l’acquisto dell’isola di Poveglia – insieme ad altri beni dal valore storico come il Castello di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia- è libera, e chi vuole partecipare deve presentare solo un fideiussione da 20mila euro.

Su Facebook è possibile leggere la “carta costituzionale di questo progetto”. Che recita così:

1. La parte verde dell’isola sarà dedicata a parco pubblico liberamente accessibile e gratuito, e ad orti urbani.

2. La parte edificata dell’isola, che può produrre utili -le cui caratteristiche e limiti etici decideremo insieme, in coerenza con questi punti fondanti- servirà a ripagare i costi di gestione della parte pubblica.

3. La gestione dell’isola sarà no-profit ed eco-sostenibile. Tutti gli utili saranno quindi reinvestiti sull’isola stessa.

4. Qualora dovessimo vincere l’asta, la quota sottoscritta darà diritto a partecipare equamente alle decisioni sulle sorti di Poveglia ma non è, e non sarà da intendersi, come forma di partecipazione agli utili, né quota azionaria, né fonte di privilegio alcuno per nessun associato.

L’isola di Poveglia è stata abitata per la prima volta nel 421. “Nel Seicento era un centro importante, aveva una sua pieve, centinaia di residenti” racconta Giancarlo. È diventata poi -come molte altre- un ospedale. Dal 1968 è disabitata, e anche il custode non vive più lì da circa dieci anni.

Oggi l’associazione chiede 19 euro per una tessera di iscrizione (che andrà a ripagare le spese di registrazione della stessa, del conto corrente, della partecipazione al bando di concessione, ecc) e una quota di sottoscrizione straordinaria di almeno 80 euro. “Qualora non dovessimo vincere l’asta, al momento del rientro del deposito cauzionale la quota di sottoscrizione straordinaria verrà restituita ai soci” spiegano, aggiungendo: “Si tratta di una sfida: metterci insieme per riprenderci un pezzo di città e gestirlo a fini pubblici. Vogliamo provarci. Non lasciare che tutta la laguna, pezzo a pezzo, diventi un unico centro alberghiero di lusso. Sottoscrivi la tua quota. 99 anni di Poveglia libera a 99 euro. Un affare utopico”.

Un affare utopico anche perché, come spiega Giancarlo, “uno dei punti importanti per me è che non si tratta di comprare qualcosa che è già di tutti ma di svelare con questa banale raccolta fondi che i prezzi di cartolarizzazione secolare sono delle vere e proprie svendite senza progetto. La difficoltà vera -aggiunge- è contribuire a definire un progetto senza negare il suo valore e portato ‘pubblico’ pur negando nel contempo la possibilità per il ‘pubblico’ di tipo istituzionale di svolgere un ruolo propulsivo. Le storie sugli impaludamenti del ‘pubblico’ veneziano sono purtroppo innumerevoli…”.

FONTE: www.altreconomia.it

AUTORE: Luca Martinelli

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