Il quadro descritto dall’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (si tratta di un ente nazionale di ricerca sottoposto alla vigilanza del Ministero del Lavoro) è piuttosto sconfortante. Le misure introdotte dalla riforma Fornero, infatto, hanno prodotto sostanzialmente due effetti: da un lato, il mercato del lavoro è stato “ripulito” da forme di contratti impropri, quali i contratti a progetto o le partite Iva che celano subordinazioni; dall’altro, è aumentato il numero di rapporti a tempo determinato con durata inferiore ai dodici mesi.

In particolare, dal secondo trimestre 2012 al quarto trimestre dello stesso anno, l’incidenza dei contratti a tempo determinato è passata dal 62,3 per cento al 67,3; buona parte di tali accordi era di durata breve se non, addirittura, brevissima. E se, nel frattempo, i contratti intermittenti e di collaborazione sono calati, rispettivamente, del 4 e dell’1,6 per cento, i contratti a tempo inferiori ai tre mesi sono stati più di sei su dieci; nel dettaglio, nel quarto trimestre del 2013, il 43,5 per cento dei contratti a termine ha avuto durata inferiore a un mese, il 19,9 per cento tra due e tre mesi, il 35,3tra i 4 e i 12 mesi, e solamente l’1,3 per cento è stato superiore a un anno.

Come se non bastasse, “relativamente all’apprendistato, il numero di attivazioni di nuovi contratti ha registrato una progressiva e quasi ininterrotta tendenza alla diminuzione”, mentre i tirocini formativi sono aumentati di 6.500 unità.

FONTE: CGIA Mestre

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