Con la L. 221/2012 è stato aggiornato, fra gli altri, il Codice degli appalti. Una novità particolarmente rilevante è costituita dalle innovazioni introdotte all’art. 6 comma 3 che, ora, risulta essere così modificato: “Il contratto è stipulato, a pena di nullità, con atto pubblico notarile informatico, ovvero, in modalità elettronica secondo le norme vigenti per ciascuna stazione appaltante, in forma pubblica amministrativa a cura dell’Ufficiale rogante dell’amministrazione aggiudicatrice o mediante scrittura privata”.

L’ambito di analisi della novellazione è estremamente ampio. Vorrei però concentrare la mia e la vostra attenzione su un aspetto specifico: l’accesso agli atti ai sensi della L. 241/90.

Orbene, in ottemperanza al dettato normativo della L. 241/90, l’Amministrazione  è tenuta all’ostensione dei documenti amministrativi a tutti coloro che abbiano un interesse diretto, concreto ed attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l’accesso. L’accesso può essere consentito per mezzo della visione del documento, per concessione di copia semplice o per consegna di copia conforme all’originale. Quest’ultima è soggetta all’imposta di bollo secondo l’apposito tariffario predisposto dall’Agenzia delle Entrate (16 euro per la richiesta ed ulteriori 16 euro per ogni documento, se il documento è composto da più fogli dovranno computarsi 16 euro ogni quattro facciate).

Per quanto concerne la copia conforme dei file l’Agenzia delle Entrate ha comunicato che l’imposta di bollo non deve essere calcolata in funzione delle pagine, ma contando le righe (una marca da bollo da 16 euro ogni 100 righe legali ossia righe composte da 60 caratteri).

Viene però da chiedersi se per copia conforme all’originale di un documento informatico debba intendersi esclusivamente copia del file firmato digitalmente, e quindi un nuovo file con estensione .p7m, o anche la semplice copia del file in formato pdf. Ad oggi né in dottrina né in giurisprudenza sono riuscito a trovare elementi utili per dirimere in modo inconfutabile questo dilemma. Ma chi è chiamato ad applicare la L. 241/90 è avvezzo questo genere di difficoltà.

Provando ad applicare la ratio utilizzata fino ad oggi per la documentazione in formato cartaceo, sento di operare correttamente ritenendo che la copia conforme di un file formato digitalmente sia un file, trasmesso al richiedente l’accesso, con firma digitale che ne attesti la conformità all’originale, e pertanto un file in formato .p7m. Rientra, invece, nel novero della disciplina del documento in copia semplice la trasmissione di un file in formato .pdf che non porti con sé la firma digitale.

FONTE: www.innovatoripa.it

AUTORE: Riccardo Riggi

 

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