Il Ministero dell’Interno nel parere 25845/2024 chiarisce il rapporto tra legislazione nazionale e locale: le norme sui componenti della giunta comunale soppiantano i precedenti statuti locali.
La recente applicazione delle normative statali ha sollevato una questione importante per le autonomie locali: quando nuove leggi introducono principi inderogabili, le disposizioni statutarie dei comuni e delle province non compatibili con esse vengono automaticamente abrogate.
Il caso
Il caso specifico riguarda un comune di circa 14.000 abitanti, dove la Prefettura ha chiesto chiarimenti sulla validità di alcune deliberazioni della giunta comunale. La problematica è stata sollevata da un consigliere di minoranza, che ha contestato la legittimità di alcune decisioni adottate dalla giunta a partire dal 29 aprile scorso. In quella data, tre assessori avevano rassegnato le dimissioni, riducendo a tre i membri della giunta, che ha comunque continuato a operare in formazione ridotta.
Secondo il consigliere, queste deliberazioni violerebbero l’articolo 35 dello statuto comunale, che stabilisce un numero minimo di assessori pari a un terzo dei consiglieri comunali, arrotondato aritmeticamente. Inoltre, l’articolo 39 prevede che il sindaco debba sostituire gli assessori dimissionari entro 30 giorni.
Giunta comunale: le norme nazionali prevalgono sugli statuti locali
La legge n. 191 del 2009, all’articolo 2, commi 184 e 185, ha introdotto una razionalizzazione della composizione degli organi di governo locali, fissando precisi limiti numerici per gli assessori in base alla popolazione del comune. Per i comuni con una popolazione compresa tra 10.000 e 30.000 abitanti, il numero massimo di assessori è stato stabilito in cinque unità. Questa norma, volta a contenere i costi della politica locale e a garantire maggiore uniformità tra gli enti, prevale su qualsiasi disposizione statutaria incompatibile, essendo espressione della potestà legislativa esclusiva dello Stato in materia di ordinamento degli enti locali.
Secondo il segretario generale del comune coinvolto, l’introduzione di questa legge ha comportato l’abrogazione implicita di tutte le norme statutarie che prevedevano un numero diverso di assessori. Di fatto, qualunque disposizione locale che stabilisca un numero di assessori superiore al limite legale o non adeguatamente arrotondato secondo i criteri della normativa statale non può più essere applicata.
L’interpretazione del Ministero dell’Interno
Il Ministero dell’Interno, chiamato a esprimersi sulla questione, ha avvalorato questa lettura. La definizione del numero degli assessori rientra infatti tra le competenze statali previste dall’articolo 117, comma 2, lettera p) della Costituzione, che assegna allo Stato il potere esclusivo di legiferare su “organi di governo” degli enti locali. Questa disposizione costituzionale è finalizzata a garantire coerenza e uniformità nell’organizzazione degli enti territoriali, evitando che le autonomie locali adottino regolamenti in contrasto con i principi generali fissati dalla legge.
L’impossibilità di applicare norme statutarie locali in contrasto con la legge nazionale è inoltre confermata dall’articolo 1, comma 3, del decreto legislativo n. 267 del 2000 (TUEL). Questo articolo prevede che nuove leggi che stabiliscano principi inderogabili abrogano automaticamente le norme statutarie che risultano incompatibili. In questo quadro, il Ministero ha sottolineato l’obbligo per gli enti locali di adeguare i propri statuti entro 120 giorni dall’entrata in vigore di leggi che introducono modifiche rilevanti.
Un bilanciamento tra autonomia locale e normativa statale
La questione esaminata evidenzia un equilibrio delicato tra l’autonomia normativa dei comuni e la necessità di rispettare i limiti posti dalla legislazione nazionale. Sebbene i comuni abbiano la facoltà di dotarsi di propri statuti e regolamenti, tale autonomia deve rimanere nei confini dei principi inderogabili stabiliti dalla legge dello Stato. La normativa introdotta dalla legge n. 191 del 2009 mira non solo a uniformare il funzionamento degli organi di governo, ma anche a razionalizzare le risorse pubbliche, senza lasciare spazio a interpretazioni che possano compromettere l’applicazione uniforme della legge sul territorio nazionale.