Abuso della posizione dominante: è quanto imputato dalla Commissione Ue, che ha inflitto a Meta, la società che detiene Facebook, una multa di 797,72 milioni di euro per violazione norme antitrust.
Secondo una nota diffusa dagli organismi dell’Unione, secondo le dichiarazioni della vicepresidente della Commissione Antitrust Margrethe Vestager: “Ha abusato della sua posizione dominante nei mercati dei servizi di social network personali e della pubblicità online su piattaforme di social media.” Che prosegue: ”Deve ora porre fine a questo comportamento“.
Maxi multa per Meta dalla Commissione UE
La Commissione ha dunque formalmente intimato a Meta di porre fine a questa condotta e di astenersi dal ripetere l’infrazione o dall’adottare pratiche con un oggetto o effetto equivalente in futuro. La sanzione di 797,72 milioni di euro è stata stabilita sulla base delle linee guida della Commissione del 2006 sulle sanzioni.
Di che tipo di reato stiamo parlando?
L’abuso di posizione dominante è un reato sia a livello Italiano che europeo. La normativa di riferimento nel nostro Paese è la Legge 10 ottobre 1990, n. 287, conosciuta come Legge Antitrust. A livello europeo invece il riferimento è costituito dall’Articolo 102 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE) che disciplina la materia.
La Legge 287/1990 raccoglie e disciplina la normativa per la tutela della concorrenza e del mercato in Italia. Nello specifico, l’articolo di riferimento che va ad individuare il reato connesso con l’abuso di cui è accusato il colosso del web è L’Articolo 3 che stabilisce, testualmente: “È vietato l’abuso da parte di una o più imprese di una posizione dominante all’interno del mercato nazionale o in una sua parte rilevante”. Il riferimento della norma ovviamente parla di mercato nazionale, anche se nello specifico stiamo parlando di mercato mondiale. La norma non è immaginata per il web e l’enorme diffusione degli strumenti di connessione e social media. L’articolo prosegue specificando altre fattispecie “ed inoltre è vietato:
- imporre direttamente o indirettamente prezzi di acquisto, di vendita o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose;
- impedire o limitare la produzione, gli sbocchi o gli accessi al mercato, lo sviluppo tecnico o il progresso tecnologico, a danno dei consumatori;
- applicare nei rapporti commerciali con altri contraenti condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti, così da determinare per essi ingiustificati svantaggi nella concorrenza;”
L’Articolo 102 del TFUE
Rispetto alla regolamentazione Europea la norma da tenere quale riferimento è l’ Articolo 102 TFUE, Trattato sul Funzionamento dell’unione Europea. Secondo tale norma “È incompatibile con il mercato interno e vietato, nella misura in cui possa essere pregiudizievole al commercio tra Stati membri, lo sfruttamento abusivo da parte di una o più imprese di una posizione dominante sul mercato interno o su una parte sostanziale di questo. Tali pratiche abusive possono consistere in particolare:
a) nell’imporre direttamente od indirettamente prezzi d’acquisto, di vendita od altre condizioni di transazione non eque;
b) nel limitare la produzione, gli sbocchi o lo sviluppo tecnico, a danno dei consumatori;
c) nell’applicare nei rapporti commerciali con gli altri contraenti condizioni dissimili per prestazioni equivalenti, determinando così per questi ultimi uno svantaggio per la concorrenza;
d) nel subordinare la conclusione di contratti all’accettazione da parte degli altri contraenti di prestazioni supplementari, che, per loro natura o secondo gli usi commerciali, non abbiano alcun nesso con l’oggetto dei contratti stessi“ .
È chiaramente proibito, dunque, secondo l’art. 102 TFUE, lo sfruttamento abusivo, da parte di una singola impresa o più imprese collegate tra loro da accordi commerciali, della posizione dominante all’interno del mercato interno dell’Unione Europea, oppure in una sua parte sostanziale, in quanto questa posizione potrebbe pregiudicare seriamente il commercio tra Stati membri divenendo incompatibile con il mercato interno.
Chi deve far rispettare queste norme?
Le autorità competenti per l’applicazione di queste norme sono, per l’Italia, l’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato (AGCM) che vigila sul rispetto della Legge 287/1990.Rispetto invece all’Articolo 102 TFUE è la Commissione Europea ad avere il potere di applicare e sanzionare le imprese che violano le norme sulla concorrenza. Le sanzioni previste per punire il comportamento di chi abusi della propria posizione dominante possono arrivare a prevedere multe molto significative, fino a raggiungere il 10% del fatturato mondiale dell’impresa coinvolta.
Il caso Meta
Esaminando il caso specifico della multa appena commisurata a Meta, la Commissione Europea, avvalendosi di una indagine della commissione Europea per la Concorrenza, ha constatato che Meta detiene una posizione dominante nel mercato dei social network personali e anche nei mercati nazionali della pubblicità display online sui social. Secondo la Commissione Europea il colosso del Web avrebbe abusato di questa posizione di privilegio e visibilità senza eguali, collegando il servizio di annunci economici online ‘Facebook Marketplace’ al social media ‘Facebook’, facendo in modo che tutti gli utenti di Facebook automaticamente, senza nemmeno poter scegliere e spesso anche senza rendersene conto, venissero esposti agli annunci commerciali di Marketplace. I concorrenti di Facebook Marketplace come eBay, la francese Leboncoin, l’olandese Marktplaats, l’italiana Subito, la svedese Blocket e la norvegese Finn.no verrebbero in questa modalità esclusi, dal momento che il legame dota Facebook Marketplace di un “sostanziale” vantaggio distributivo – nella capacità di raggiungere in maniera diretta tutti i profili Facebook, che i concorrenti non possono eguagliare in nessuna modalità.
In aggiunta a ciò, secondo l’analisi della Commissione, Meta imporrebbe in modo unilaterale condizioni commerciali ingiuste ed obbligate ad altri fornitori di servizi di annunci economici online che scelgano le piattaforme di Meta per veicolare i propri messaggi pubblicitari, in special modo su Facebook e Instagram. Queste condizioni permettono di fatto a Meta di reperire ed utilizzare a vantaggio del Marketplace di Facebook tutti i dati relativi agli annunci generati da questi altri inserzionisti
Annunciato il ricorso, ma le borse risentono dello scossone
L’Antitrust Ue aveva avviato un procedimento formale a giugno 2021 per possibile condotta sleale in tema di concorrenza a carico di Facebook. A seguito di questo primo procedimento nel dicembre 2022 ha inviato a Meta una comunicazione degli addebiti, cui la società ha risposto solo a giugno 2023.
Ovviamente, forte di schiere di potenti legali, Meta ha annunciato che farà ricorso contro la decisione della Commissione europea: “Questa decisione – si legge in una nota ufficiale diffusa dall’azienda- ignora la realtà del fiorente mercato europeo dei servizi di annunci online e mette al riparo le grandi aziende già presenti da un nuovo operatore, Facebook Marketplace, che soddisfa la domanda dei consumatori in modo innovativo e conveniente“. Il comunicato prosegue: “Ricorreremo in appello contro questa decisione per garantire che i consumatori siano ben serviti nell’Ue“.
Dichiarazioni non sufficienti per arginare del tutto le ripercussioni in Borsa, con l’indice Nasdaq che vede, in queste giornate ‘difficili’ il titolo oscillare al ribasso, con oscillazioni anche di oltre -20punti.