Sul Piracy Shield si rischia il primo scontro col neo Presidente alla Casa Bianca Donald Trump: la lotta al “pezzotto” prosegue, ma potrebbe avere strascichi.
In arrivo quella che dovrebbe essere una buona notizia per tutti i cittadini ‘seri’ cha pagano abbonamenti a piattaforme di contenuti televisivi come Sky e Dazn. Due recenti emendamenti approvati in Commissioni Bilancio e Finanze del Senato, modificheranno l’attuale normativa riguardante la pirateria televisiva, un fenomeno che causa danni all’economia italiana e contribuisce anche ad arricchire le casse della criminalità organizzata.
Un inasprimento della lotta alla pirateria, in questo caso televisiva, attraverso lo strumento del Piracy Shield, letteralmente Scudo alla pirateria, che riesce a bloccare i siti web che generano flussi illegali entro 30 minuti dalla segnalazione. Le importanti modifiche e novità apportate andranno a porre in atto misure contro i criminali che diffondono contenuti protetti da diritto d’autore e per la prima volta vedranno coinvolti anche i servizi di VPN.
Ricordiamo che la VPN è un sistema che fa da tramite tra il computer che si sta utilizzando ed i siti utilizzati, nascondendo la propria identità, camuffandola come se provenisse da un Paese differente e proteggendo il traffico in entrata e in uscita.
Similmente altre realtà penalizzate saranno gli OpenDNS, che offrono un servizio non vincolato da alcuna censura che inoltre blocca tutti i siti compromessi con malware o pishing, impedendone l’accesso.
Lotta al “pezzotto”: sul Piracy Shield si rischia scontro con la Casa Bianca
In realtà, seppure questa azione potrebbe raccogliere il malumore degli ‘scrocconi’ che utilizzano questa modalità di fruizione di contenuti coperti dal diritto d’autore, sembra aver fatto arrabbiare qualcuno più ‘in alto’. Fonti giornalistiche accreditate riferiscono infatti che Google, Cloudflare, ed altre aziende che forniscono servizi di VPN, sarebbero pronte ad appellarsi all’amministrazione USA del neo Eletto Presidente Trump, noto anche per la sua politica protezionistica, per limitare l’azione del Piracy Shield.
La 12Coalition, che raggruppa queste imprese potentissime in termini economici e di gestione di snodi cruciali per l’economia del mondo intero, sottolinea in un documento come Piracy Shield abbia provocato il blocco di indirizzi IP usati da provider di cloud, lasciando intendere che risulti coinvolto in quanto avvenuto qualche settimana fa quando è stato bloccato Google Drive. Nel testo inoltre sembrerebbe esserci, oltre alla stigmatizzazione della recente approvazione da parte in parlamento del provvedimento che ha esteso il blocco anche a DNS e VPN, anche alcune note relative anche all’assenza di controlli adeguati.
Piracy Shield non piace insomma alle imprese Made in USA, che ritengono lo strumento potenzialmente in grado di limitare il libero commercio dei servizi offerti dalle aziende americane, ancora di più grazie ai recenti blocchi attivati anche di provider di DNS, CDN e VPN.
Qual è stato l’effetto del Piracy Shield fino ad ora?
Entrato in funzione ormai da circa 8 mesi, il sistema Piracy Shield, di recente aggiornato e modificato, riesce a bloccare i siti web che generano flussi illegali entro 30 minuti dalla segnalazione. Dai dati diffusi, i numeri dello strumento appaiono piuttosto importanti, 528 gli indirizzi IP bloccati sino ad oggi, per esempio il giorno di San Valentino, nel primo periodo dell’attività, 114 le emittenti illegali oscurate e 32mila i siti oscurati.
Un blocco delle dirette illegali che, secondo le stime, ha disconnesso una platea di almeno 500mila persone, impegnate a guardare eventi non solo calcistici, ma anche di altri sport come Formula 1 e Coppa Italia di basket, ed eventi di grossa risonanza, come finali di programmi noti, i cui diritti, in Italia, variano tra Sky Sport e Dazn. Ma non è finita qui.
Grazie ad un protocollo firmato nei giorni scorsi da Agcom, Guardia di Finanza e Procura della repubblica di Roma per il tracciamento, dovrebbero partire in tempi brevi le prime multe erogate agli utenti che si trovino collegati agli indirizzi ip poi oscurati. Cifre importanti, da 150 fino a 5mila euro per i fruitori del servizio illegale a cui si aggiunge la misura del carcere fino a un anno di reclusione per i fornitori di servizi che non denunciano l’attività illecita compiuta attraverso i propri sistemi, pur essendone a conoscenza.