L’Avvocato Maurizio Lucca analizza, tramite una recente sentenza, il tema della Proroga illegittima della gestione degli impianti sportivi.


La gestione dei beni pubblici (da ricomprendere gli impianti sportivi) esige una procedura di affidamento aperta, generalmente oggetto di un atto di concessione (concessione – contratto) nel quale vengono a stabilirsi le condizioni per il suo uso: l’assegnazione in piena trasparenza esprime compiutamente un presidio di legalità, che in ambito negoziale, coincide ai principi comunitari della concorrenza, parità di trattamento, non discriminazione, proporzionalità e pubblicità, i quali, oltre che essere il cardine del Trattato e delle direttive comunitarie in materia, costituiscono, altresì, inveramento dei principi costituzionali di imparzialità e buon andamento, ex art. 97 Cost., che sovrintendono all’azione amministrativa, che non potrebbe essere seriamente tale laddove l’ordinamento ammettesse, in generale e nei rapporti con le Pubbliche Amministrazioni, posizioni di vantaggio, ovvero squilibri e/o disomogeneità di trattamento e di rapporti [1].

Il rapporto concessorio

Ne deriva che il rapporto concessorio nasce da un atto autoritativo dell’Amministrazione e può sciogliersi unicamente in presenza di una nuova determinazione della stessa Amministrazione [2], rilevando che il termine del rapporto deve essere preventivamente definito, costituendo la proroga una misura derogatoria dell’evidenza pubblica.

In effetti, l’eventuale deroga al principio dell’evidenza pubblica non può che trovare riscontro in una rigorosa produzione normativa specifica, dovendo dare alla stessa (fonte) una stretta interpretazione, restrittiva e tassativa, in armonia con il generale criterio interpretativo secondo cui le previsioni derogatorie debbono essere interpretate restrittivamente e non sono suscettibili di interpretazione estensiva, né di analogia. Ed invero, secondo pacifici principi generali, le disposizioni di deroga a norme di carattere generale vanno considerate di carattere eccezionale e, quindi, non ne è consentita una interpretazione estensiva. La deroga alla norma generale, avendo carattere eccezionale, non è applicabile per analogia al di fuori dei casi per essa testualmente contemplati [3].

Per altri versi, va ribadito che la possibilità di attribuire a terzi la disponibilità di beni di proprietà pubblica è tradizionalmente rimessa allo strumento concessorio, tipico provvedimento ampliativo di diritto pubblico, istituto in cui è immanente l’interesse dell’Amministrazione a un corretto utilizzo del bene affidato in uso speciale al privato concessionario, di talché il contratto che regola il rapporto si rivela essere dipendente logicamente e giuridicamente dal provvedimento con cui si estrinseca il potere di affidamento, in piena trasparenza dell’uso del bene, con la conseguenza di escludere il rinnovo una volta scaduta la concessione, in applicazione della regola, di matrice comunitaria: i beni pubblici contendibili non devono poter essere sottratti per un tempo eccessivo e senza gara al mercato e, quindi, alla possibilità degli operatori economici di ottenere l’affidamento [4].

La concessione di impianti sportivi

La sez. V del Consiglio di Stato, con la sentenza 14 ottobre 2024, n. 8220, interviene pertanto sull’affidamento degli impianti sportivi [5], rilevando che la proroga a scadenza avvenuta è illegittima traducendosi in un inammissibile affidamento diretto della gestione della struttura pubblica.

Nella sua essenzialità, una concessione di impianti sportivi, dopo un primo rinnovo, veniva ripetutamente prorogata a scadenza avvenuta, nelle more dell’indizione di una procedura di gara.

È noto infatti che la possibilità di attribuire a terzi la disponibilità di beni di proprietà pubblica viene tradizionalmente rimessa allo strumento concessorio [6], tipico provvedimento ampliativo di diritto pubblico. Istituto in cui è immanente l’interesse dell’Amministrazione a un corretto utilizzo del bene affidato in uso speciale al privato concessionario, con il precipitato inevitabile che il contratto (la concessione) che regola il rapporto si rivela essere dipendente logicamente e giuridicamente dal provvedimento con cui si estrinseca il potere di affidamento dell’uso del bene.

La particolarità della prevalenza dell’interesse pubblico si dipana non solo nella fase dell’affidamento ma anche in quella successiva della gestione esecutiva del rapporto dove i poteri di supremazia della PA persistono. I poteri autoritativi si presentano funzionali ad assicurare che la gestione privata del bene rimanga coerente con il superiore interesse pubblico ed a ricondurla ad esso ogniqualvolta se ne sia verificata una deviazione, sino al punto di porre termine all’uso speciale e così riacquisire il bene alla sfera pubblica.

Di contro alla posizione di supremazia così mantenuta dall’Amministrazione fa riscontro la soggezione del privato concessionario, al quale è riconosciuto l’interesse legittimo al corretto esercizio dei poteri autoritativi spettanti alla prima [7].

Il divieto di rinnovo

Dato atto che l’affidamento non può che avvenire con una procedura aperta, la mancata attivazione della gara coincide con il rinnovo a contratto scaduto, rendendo illegittima la determinazione, aspetto di illeceità che oltre ad essere previsto espressamente nel settore degli appalti si estende anche al settore delle concessioni dei beni pubblici in quanto esso deriva dall’applicazione della regola, di matrice comunitaria, per cui i beni pubblici contendibili non devono poter essere sottratti per un tempo eccessivo e senza gara al mercato e, quindi, alla possibilità degli operatori economici di ottenere l’affidamento.

Pare inutile affermare che la proroga costituisce, in generale, uno strumento del tutto eccezionale, sottraendo il bene, ovvero ogni affidamento, al principio dell’evidenza pubblica, ragione per cui deve essere utilizzato solo qualora non sia possibile attivare i necessari meccanismi concorrenziali e nei soli casi in cui vi sia la necessità di assicurare lo svolgersi del servizio nelle more dell’espletamento della nuova procedura di selezione [8].

La conseguenza della regola generale porta dunque ad affermare che la proroga è ammissibile solo nelle limitate ed eccezionali situazioni in cui, per ragioni obiettivamente non dipendenti dall’Amministrazione, vi sia l’effettiva necessità di assicurare precariamente il servizio nelle more del reperimento del nuovo concessionario, escludendo, necessariamente, che la continuazione del negozio sia dovuto a ritardi dell’Amministrazione, dimostrando una non attenta perizia nella programmazione (mancata diligenza).

Conclusioni

In definitiva, la proroga di una concessione di beni pubblici di rilevanza economica non costituisce una pretesa (tutelata/tutelabile, non si può nemmeno invocare una specie di diritto d’insistenza) del concessionario: nessuna aspettativa può rinvenirsi risolvendosi, diversamente, in un inammissibile affidamento diretto, in violazione ai principi di concorrenza, parità di trattamento, par condicio, non discriminazione e trasparenza e libertà di stabilimento (ex art. 12 della Direttiva 2006/123/CE c.d. direttiva Bolkestein).

Il concessionario una volta scaduta la concessione dovrà liberare il bene (restituirlo) e consegnarlo alla PA, rendendo la permanenza del bene occupato del tutto illegittima (sine titulo).

Note

[1] TAR Campagna, Napoli, sez. VII, 4 settembre 2024, n. 4816.

[2] Si aggiunge che la decadenza della concessione può avvenire anche per la mancata sottoscrizione del contratto al momento della stipulazione: l’assenza legittima il provvedimento, TAR Campania, Salerno, sez. I, 14 ottobre 2024, n. 1860.

[3] Cons. Stato, sez. VII, 23 settembre 2024, n. 7705.

[4] Cons. Stato, sez. V, 14 ottobre 2024, n. 8220.

[5] Vedi, gli artt. 5 ss. del d.lgs. 28 febbraio 2021, n. 38; LUCCA, La proroga pandemica degli impianti sportivi, lentepubblica.it, 17 aprile 2023. Vedi, anche, ANAC, affidamento in regime di concessione della gestione di un impianto sportivo – art. 174, comma 1, lett. a), del d.lgs. 36/2023 – richiesta di parere. UPREC-CONS-130-2024-FC FUNZ CONS 52/2024, ove chiarisce che «in via generale, la non ammissibilità di procedure di aggiudicazione di contratti pubblici non previste nel d.lgs. 36/2023 o ad esso non conformi. Le considerazioni espresse possono estendersi anche ai contratti di partenariato pubblico privato (PPP) disciplinati dal Libro IV del Codice (“del partenariato pubblico-privato e delle concessioni”), per i quali lo stesso legislatore ha fissato i caratteri essenziali che devono sempre ricorrere affinché uno schema negoziale possa essere qualificato come PPP di tipo contrattuale».

[6] Gli impianti sportivi comunali appartengono in primo luogo al patrimonio indisponibile del Comune, ai sensi dell’ultimo comma dell’art. 826, c.c., essendo destinati al soddisfacimento dell’interesse della collettività allo svolgimento delle attività sportive. Cfr. TAR Lombardia, Milano, sez. V, 4 gennaio 2024, n. 26, che in relazione al soddisfacimento di un interesse pubblico fa rientrare l’affidamento nel paradigma della concessione di servizi, precisando, altresì, che essendo affidati in concessione ai privati, le controversie relative al rapporto concessorio restano devolute al giudice amministrativo, inclusa quella sull’inadempimento degli obblighi concessori e la decadenza del concessionario.

Inoltre il fatto che gli impianti sportivi comunali rivestono natura di bene patrimoniale indisponibile, determina la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, secondo quanto prefigurato dall’art. 133, comma 1, lett. b), c.p.a., trattandosi di controversia avente ad oggetto atti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici, TAR Calabria, sez. II, 1° luglio 2024, n. 1055, idem Cons. Stato, sez. V, 16 aprile 2003, n. 1991.

[7] Cons. Stato, sez. V, 17 dicembre 2020, n. 8100.

[8] Cfr. Cons. Stato, n. 5920 del 2022; id. n. 1013 del 2014; id. n. 1502 del 2013.


Fonte: articolo dell'Avv. Maurizio Lucca - Segretario Generale Enti Locali e Development Manager