La trattativa per il rinnovo del contratto degli statali 2022-2024 prosegue, con un primo focus sugli aumenti tabellari per le Funzioni Centrali, che apriranno la strada anche agli altri comparti della pubblica amministrazione. Allarme dei sindacati: questi incrementi stipendiali sono insufficienti.


La tabella degli aumenti salariali lordi è stata recentemente aggiornata durante l’ultima riunione con l’Aran, ma le novità introdotte non sembrano soddisfare affatto le aspettative sindacali.

Nonostante i piccoli incrementi ottenuti, le organizzazioni di categoria lamentano che le risorse messe a disposizione dal governo non siano sufficienti a mantenere il potere d’acquisto dei dipendenti pubblici.

Scopriamo quali sono le novità previste allo stato attuale e qual è stata la risposta delle organizzazioni sindacali.

La proposta attuale sugli incrementi stipendiali e sugli arretrati

La proposta attuale prevede per i funzionari un incremento medio di 155 euro lordi mensili, rispetto ai 141 euro ipotizzati in precedenza. Gli assistenti, ora definiti “collaboratori”, vedranno la retribuzione aumentare da 116 a 127 euro. Per quanto riguarda gli “operatori”, l’incremento previsto passa da 110 a 121,4 euro al mese. I dipendenti con competenze altamente specializzate, riceveranno un aumento medio mensile di 193 euro. Tuttavia, si tratta di una categoria ristretta, di cui fanno parte solo poche centinaia di lavoratori nei ministeri. In aggiunta, è previsto un pagamento degli arretrati per il 2024, stimato intorno ai 1.078 euro.

Rinnovo contratto statali 2022-2024: per i sindacati aumenti non bastano

Tuttavia, queste cifre sono considerate inadeguate dai sindacati, che ritengono che i salari dei dipendenti pubblici non stiano tenendo il passo con l’aumento del costo della vita.

Il parere negativo della FP CGIL della UILPA

Tra i principali critici si distingue la FP CGIL, che ha diffuso una nota in cui si accusa il governo di non destinare risorse sufficienti per tutelare il potere d’acquisto dei lavoratori pubblici.

Le retribuzioni sono bloccate”, denuncia il sindacato. La nota precisa che, mentre nelle precedenti tornate contrattuali si era riusciti a recuperare parzialmente la perdita del potere d’acquisto, negli ultimi anni la situazione è peggiorata. Nel periodo 2022-2024, l’incremento salariale del 5,78% risulta ampiamente insufficiente di fronte a un’inflazione stimata al 16,5%. Questa disparità di oltre 10 punti percentuali rischia di ridurre ulteriormente il reddito reale dei dipendenti pubblici.

Un ulteriore punto critico riguarda la decisione di anticipare a dicembre 2023 metà del valore del nuovo contratto, che ha comportato per molti lavoratori una successiva riduzione del netto percepito nel 2024, con alcune trattenute per compensare l’aumento delle tasse.

Anche la UILPA giudica “inaccettabile” un accordo che prevede il recupero di un terzo del potere d’acquisto perso con l’inflazione nel triennio 2022-24. Secondo le due sigle, sulle retribuzioni “non ci sono passi avanti” ma sono stati proposti spostamenti delle risorse all’interno del perimetro.

Per queste ragioni entrambe le organizzazioni chiedono al governo di anticipare i fondi già previsti per i prossimi rinnovi contrattuali e di stanziare risorse per favorire una conclusione rapida del contratto 2022-2024. La richiesta include l’aumento dei buoni pasto e l’eliminazione del tetto ai fondi per la contrattazione decentrata, oltre a progressioni di carriera e incarichi che possano valorizzare l’impegno dei lavoratori pubblici.

CISL invece pronta a firmare

Il migliore dei contratti possibili“. La Cisl è pronta a firmare a firmare il primo rinnovo «in solitaria» – senza Cgil e Uil – della storia confederale.

Il rinnovo del contratto delle funzioni centrali costituisce un passo avanti sia sul fronte del salario sia della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro“, sottolinea il segretario nazionale del sindacato Angelo Marinelli. Pur riconoscendo la corsa dell’inflazione, la Cisl evidenzia come l’aumento sui cui si ragiona sarebbe più alto delle ultime tornate, incluso quello del 2016-18 arrivato dopo 8 anni di blocco della contrattazione.

Lotta senza quartiere da parte dell’USB

Invece è sul piede di guerra l’USB (Unione Sindacale di Base) che già lo scorso 8 ottobre ha deciso di lasciare il tavolo di trattativa a causa dell’inadeguatezza delle risorse stanziate, che determinano una perdita del potere d’acquisto di oltre il 10%.

Questa perdita del potere d’acquisto dei salari che riguarda tutto il Pubblico Impiego, dalla Sanità alla Ricerca passando per la Scuola, l’Università fino alle Funzioni Locali, va a sommarsi a quella già realizzata con il blocco contrattuale del 2009. E disegna una prospettiva di impoverimento immediato per chi già nella PA lavora e un’ulteriore perdita di attrattività per le nuove generazioni che non avrebbero davvero motivi per scegliere un lavoro privo di gratificazioni di qualsiasi tipo, malpagato e che costringe spesso e volentieri a dover cambiare la propria residenza“. Così in una nota.

Inoltre il sindacato, in stato di agitazione, ha indetto lo sciopero generale del Pubblico impiego per il 31 ottobre.Un’onda di indignazione e malcontento che non potrà certo essere superata dalla scelta del Governo di mettere a disposizione ulteriori risorse per un misero 0,22% (tra l’altro non per tutti) che lascia la perdita del potere d’acquisto dei salari del 10%. […] Costruire lotte consapevoli è l’obiettivo più importante: la piazza del 31 ottobre urlerà al Ministro della Funzione pubblica queste parole d’ordine.

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