I permessi retribuiti per motivi personali o familiari riconosciuti al personale docente e ATA sono stati oggetto di chiarimenti contrattuali e giurisprudenziali: ecco le ultime novità.


Nel settore scolastico, i diritti dei lavoratori sono regolamentati da norme precise che tutelano il personale docente e ATA, soprattutto per quanto riguarda la gestione dei permessi retribuiti.

Recenti sviluppi contrattuali e giurisprudenziali hanno chiarito alcuni aspetti cruciali legati all’ottenimento di tali permessi, fornendo indicazioni importanti per chi opera nel mondo della scuola.

Che cosa si intende per permessi personali o familiari?

I permessi retribuiti per motivi personali o familiari rappresentano un importante strumento di tutela per i lavoratori, garantendo loro la possibilità di assentarsi dal lavoro senza perdere la retribuzione. Si tratta di un diritto regolamentato nei contratti collettivi, come il CCNL del personale docente e ATA, che consente ai dipendenti di usufruire di giorni di permesso per gestire situazioni che esulano dalla sfera professionale ma che richiedono attenzione urgente. Queste situazioni possono includere eventi imprevisti, come malattie o emergenze familiari, ma anche circostanze che coinvolgono necessità personali di vario genere, dalla gestione di questioni burocratiche a impegni legati al benessere proprio o dei propri cari.

Una delle caratteristiche distintive di questi permessi è che, pur essendo giustificati da motivi personali o familiari, il dipendente non è obbligato a fornire dettagli specifici sulle ragioni dell’assenza. In molti casi, la motivazione può essere documentata con una semplice autocertificazione, un meccanismo che riduce la necessità di produrre ulteriori documenti o prove per dimostrare la validità del motivo addotto. Questa semplificazione burocratica si basa sul principio di fiducia tra il dipendente e il datore di lavoro, oltre a garantire il rispetto della privacy del lavoratore.

Alcuni chiarimenti sui permessi retribuiti per docenti e personale ATA

Sin dal 2007, con la firma del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro (CCNL) per il triennio 2006-2009, è stato stabilito che tali lavoratori abbiano diritto a tre giorni di permesso per anno scolastico, utilizzabili per esigenze personali o familiari. Questo diritto, regolato dall’articolo 15 comma 2 del CCNL, prevede che il dipendente possa fare richiesta di permesso giustificandolo, se necessario, con una semplice autocertificazione.

Una novità importante è arrivata con il successivo CCNL 2019-2021, che ha esteso tale diritto anche al personale assunto a tempo determinato, garantendo un trattamento uniforme a tutti i lavoratori del comparto scolastico.

La procedura per ottenere questi permessi non è complessa. Il dipendente deve indicare la motivazione della richiesta, che può essere di natura personale o familiare. La documentazione non richiede particolari formalità, potendo essere suffragata da una dichiarazione dell’interessato. Ciò che risulta essenziale, però, è che il dirigente scolastico non abbia potere discrezionale nell’accettare o respingere la richiesta.

Precisazioni dall’Aran

Come chiarito dall’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (Aran), il contratto non lascia spazio a interpretazioni: il preside non può giudicare le motivazioni fornite dal dipendente, limitandosi a verificare che la richiesta sia formalmente corretta.

Unico caso in cui si può intervenire riguarda situazioni eccezionali in cui un gran numero di dipendenti richieda permessi per lo stesso giorno. In tali circostanze, l’esigenza organizzativa della scuola potrebbe giustificare una regolamentazione temporanea per garantire un equilibrio tra i diritti dei lavoratori e il buon funzionamento del servizio.

La sentenza della Cassazione

Anche la Corte di Cassazione ha affrontato la questione, confermando la necessità che la richiesta di permesso sia adeguatamente motivata. In una recente ordinanza, la Suprema Corte ha respinto il ricorso di un lavoratore, sostenendo che il dirigente può valutare l’opportunità del permesso basandosi su un equilibrio tra le esigenze del richiedente e quelle dell’istituzione scolastica. Tuttavia, rimane fermo il principio per cui il giudizio del preside non può entrare nel merito dei motivi personali, se non in situazioni eccezionali.

Qui il testo della sentenza.