Il Governo Meloni ha recentemente approvato, su proposta del Ministro per la protezione civile e le politiche del mare, Nello Musumeci, una serie di misure che includono la dichiarazione e la proroga dello stato di emergenza in diverse aree del Paese.
Questo strumento giuridico viene attivato in situazioni straordinarie come terremoti, incendi, alluvioni o crisi sanitarie, quando è necessario agire con rapidità e poteri straordinari per proteggere i cittadini e affrontare i danni causati dagli eventi.
Scopriamone di più e vediamo quali sono le Regioni interessate.
Che cosa si intende per “stato di emergenza”?
La dichiarazione dello stato di emergenza consente al governo di superare le normali procedure legislative e i limiti di bilancio, oltre a poter imporre restrizioni temporanee alle libertà personali per motivi di sicurezza o salute pubblica, come previsto anche dall’articolo 16 della Costituzione. Questo meccanismo è regolato dall’articolo 24 del decreto legislativo 1/2018, secondo cui è il Consiglio dei Ministri a deliberare sulla base delle valutazioni della Protezione Civile e delle richieste delle regioni coinvolte. La delibera stabilisce durata e portata territoriale dell’emergenza, oltre a destinare risorse immediate per le operazioni di soccorso. Ulteriori fondi possono essere stanziati in seguito per la ricostruzione e l’assistenza alla popolazione.
Le aree colpite beneficiano di una gestione snellita, in cui si possono sospendere temporaneamente alcune norme legali e contabili attraverso il cosiddetto “potere di ordinanza”, affidato al capo della Protezione Civile. Questi, a sua volta, può nominare altri soggetti per collaborare nella gestione dell’emergenza. Tuttavia, il periodo dello stato di emergenza non può superare i 12 mesi, con la possibilità di una sola proroga per un ulteriore anno.
Tra le Regioni che più frequentemente hanno visto dichiarazioni di emergenza negli ultimi anni, emergono l’Emilia-Romagna e la Sicilia, seguite da Toscana e Veneto. Tuttavia, in alcuni casi, lo stato di emergenza è stato dichiarato a livello nazionale, come durante la pandemia da Covid-19 e per l’accoglienza dei profughi ucraini.
Il Governo dichiara (e proroga) lo stato di emergenza in molte Regioni
All’intero dell’ultimo Consiglio dei Ministri risultano pertanto recentemente adottate nuove decisioni riguardanti emergenze in corso in diverse regioni italiane, con interventi mirati per fronteggiare situazioni di grave criticità.
Basilicata
Tra le aree maggiormente colpite emerge la Basilicata, dove è stato dichiarato lo stato di emergenza per sei mesi a causa di un preoccupante deficit idrico che interessa il territorio del bacino del Basento-Camastra. La siccità in questa zona ha messo sotto pressione le risorse idriche di numerosi comuni, inclusi centri come Potenza, Acerenza, Avigliano e altri della provincia di Matera. Per rispondere alle esigenze più urgenti, il governo ha stanziato 2,5 milioni di euro, fondi destinati a garantire l’approvvigionamento idrico e a sostenere le prime operazioni di soccorso. Questa cifra, prelevata dal Fondo per le emergenze nazionali, rappresenta solo un primo intervento, con la possibilità di ulteriori stanziamenti futuri in caso di necessità.
La decisione riflette la crescente preoccupazione per la crisi idrica che sta colpendo diverse aree del Paese, accentuata dai cambiamenti climatici e da un regime pluviometrico sempre più irregolare. La siccità nella regione rappresenta una minaccia non solo per l’agricoltura locale, ma anche per l’approvvigionamento di acqua potabile nelle aree urbane. Il bacino del Basento-Camastra, che fornisce acqua a una vasta porzione del territorio, è in una situazione particolarmente critica, e l’intervento del governo si propone di affrontare immediatamente le necessità delle comunità coinvolte.
Emilia-Romagna
In Emilia-Romagna, invece, lo stato di emergenza legato al terremoto del 18 settembre 2023 è stato prorogato di un anno. Il sisma ha colpito in particolare i comuni di Brisighella, Castrocaro Terme e Modigliana, situati nella provincia di Ravenna e Forlì-Cesena. Gli effetti del terremoto, benché non di vastissima portata in termini di danni, hanno comunque messo in difficoltà queste comunità, già provate da una serie di eventi naturali avversi negli ultimi anni. La proroga dell’emergenza permetterà di continuare le operazioni di messa in sicurezza degli edifici e di supportare le persone sfollate, oltre a facilitare la ricostruzione delle infrastrutture danneggiate.
Toscana
Infine, in Toscana, il governo ha esteso lo stato di emergenza per le province di Firenze, Pisa, Lucca e altre zone limitrofe, duramente colpite da eventi meteorologici estremi a partire dal novembre 2023. Queste aree hanno subito ingenti danni a causa di alluvioni e frane, con gravi ripercussioni sia per i cittadini che per le attività economiche, in particolare quelle agricole. Gli eccezionali eventi meteorologici hanno portato alla devastazione di terreni coltivabili e al danneggiamento di infrastrutture strategiche, come ponti e strade. L’estensione dell’emergenza consente alle autorità locali di continuare a intervenire in deroga alle normative standard, per facilitare i lavori di ripristino e messa in sicurezza.
Quali sono le criticità di questo strumento giuridico?
Nonostante l’utilità dello stato di emergenza nel gestire situazioni di crisi, come disastri naturali o gravi emergenze sanitarie, l’utilizzo di questo strumento presenta alcune problematiche giuridiche che sollevano perplessità. Uno dei punti più critici è la mancanza di una previsione esplicita nella Costituzione italiana per lo stato di emergenza. Esso è infatti regolato esclusivamente da norme di rango inferiore, come il Decreto Legislativo n. 1 del 2018, che stabilisce le modalità di attivazione e gestione. Questa lacuna costituzionale ha portato ad alcuni interrogativi riguardo alla trasparenza e alla legittimità di un meccanismo che, pur indispensabile in situazioni di urgenza, può esporre a rischi di abuso.
Secondo quanto evidenziato dalla fondazione Openpolis in un suo dossier, uno dei principali problemi riguarda il fatto che lo stato di emergenza consente deroghe alla legislazione ordinaria attraverso ordinanze amministrative. Questo riduce il livello di controllo democratico esercitato dal Parlamento e dal Presidente della Repubblica, che in condizioni normali hanno il compito di vigilare sulle decisioni del governo. Attraverso queste ordinanze, è possibile sospendere norme legislative senza passare attraverso il tradizionale iter parlamentare. Ciò lascia margine a potenziali abusi di potere, poiché le decisioni emergenziali, adottate con urgenza, non sono sottoposte al doppio filtro del controllo democratico e costituzionale previsto per i decreti legge.
Inoltre, un altro aspetto preoccupante riguarda la possibilità di derogare ai vincoli di bilancio e trasparenza, concessa in nome della necessità di agire con rapidità. Sebbene questo meccanismo permetta di accelerare gli interventi, consente anche una gestione meno rigorosa delle risorse pubbliche, allentando le regole sulla rendicontazione. Il rischio, in questo contesto, è che lo stato di emergenza possa essere sfruttato per aggirare normative e controlli che, in situazioni ordinarie, garantirebbero maggiore protezione dell’interesse pubblico e una più scrupolosa gestione dei fondi.
Un espediente per eludere obblighi?
L’analisi di Openpolis mette in luce come, in alcune circostanze, lo stato di emergenza possa trasformarsi in un espediente per eludere quelle procedure e quei vincoli che, al di fuori del contesto emergenziale, sarebbero invece obbligatori. Se utilizzato in modo inappropriato o prolungato, il ricorso frequente a questo strumento rischia di compromettere l’equilibrio tra necessità di intervento immediato e salvaguardia delle garanzie democratiche, in particolare per quanto riguarda il controllo sull’operato dell’esecutivo e la gestione trasparente delle risorse pubbliche.