PD, Movimento 5 Stelle e Alleanza Verdi e Sinistra hanno presentato il testo di una proposta di legge che mira alla riduzione dell’orario settimanale di lavoro: ecco quali sono i punti su cui si poggia.


Questa iniziativa, articolata in sette punti principali, vuole incentivare la negoziazione di contratti collettivi a livello nazionale, territoriale e aziendale per introdurre modelli organizzativi più flessibili e sostenibili.

La legge, proposta in primo luogo da Nicola Fratoianni di AVS e altri deputati, interviene in maniera ampia sulla gestione dell’orario di lavoro, con l’obiettivo di riformare il sistema attuale, disciplinato dal decreto legislativo 66 del 2003, che fissa l’orario normale attuale a 40 ore settimanali.

Si tratta dunque di un testo che si inserisce tra le possibili misure che intendono favorire una migliore conciliazione tra vita privata e professionale, oltre che incentivare l’innovazione e la crescita delle imprese.

Tuttavia, resta da vedere come sarà recepita dalla maggioranza e se sarà avvallata o cestinata.

Dalle attuali 40 ore si arriverebbe a “sole” 32 ore settimanali

Il nuovo testo attualmente sottposto ai lavori preparatori della Camera, mira a ridurre l’orario settimanale di lavoro a 32 ore, mantenendo inalterato lo stipendio dei lavoratori. La riduzione proposta riguarda i dipendenti e figure professionali simili, senza intaccare i salari.

Si tratta di un progetto che spesso torna oggetto di dibattito: ricordiamo l’estate scorsa la proposta del presidente Aran, Antonio Naddeo, sull’introduzione della settimana corta nella Pa.

Tra i punti salienti del disegno di legge, troviamo anche interventi su pause, ferie, lavoro notturno e attività particolarmente usuranti. Il progetto si pone come una sorta di testo unico alternativo al decreto vigente, con l’intento di migliorare la qualità della vita dei lavoratori.

La contrattazione collettiva: un ruolo più complesso

Un aspetto importante della proposta riguarda il ruolo della contrattazione collettiva, che potrebbe risultare più complicato in questo nuovo contesto. Se da un lato il testo vuole promuovere accordi che favoriscano l’organizzazione del lavoro su orari ridotti, dall’altro lascia aperte questioni su come gestire eventuali eccedenze produttive. Questo potrebbe generare tensioni tra i lavoratori, i datori di lavoro e le rappresentanze sindacali, in particolare per quanto riguarda la definizione di regimi di orario speciale e la gestione degli straordinari.

Formazione e aggiornamento: un’opportunità per imprese e lavoratori

Un altro punto interessante è quello relativo alla promozione di corsi di formazione e aggiornamento professionale. L’articolo 19 del disegno di legge prevede infatti la partecipazione sia del settore pubblico che privato a percorsi di crescita professionale per migliorare le competenze dei lavoratori. Questa parte della normativa punta a favorire lo sviluppo tecnologico e l’aumento della competitività aziendale, in un quadro che punta a un miglior bilanciamento tra lavoro e vita privata.

Incentivi e contributi previdenziali: il sostegno alle imprese

Il disegno di legge introduce anche incentivi per le imprese che decidono di aderire alla riduzione dell’orario di lavoro. Per i datori di lavoro privati, con l’esclusione del settore agricolo e domestico, è previsto uno sgravio contributivo pari al 30% per i primi tre anni dall’entrata in vigore della legge, proporzionale alla riduzione di ore concordata. Per le piccole e medie imprese, questa agevolazione sale al 50%. Inoltre, per le categorie lavorative considerate usuranti, gli sgravi arrivano fino al 60%.

Un Osservatorio per monitorare l’efficacia della legge

La legge prevede la creazione di un Osservatorio nazionale sull’orario di lavoro, con sede presso l’Istituto Nazionale per l’Analisi delle Politiche Pubbliche. L’Osservatorio avrà il compito di monitorare l’impatto economico della riforma, analizzare i contratti collettivi che prevedono riduzioni di orario e valutare l’efficacia dei sistemi formativi adottati dalle imprese. Sarà inoltre responsabile di redigere un rapporto annuale da presentare al Parlamento, con eventuali proposte di modifica alla normativa vigente.

Coinvolgimento dei lavoratori e dei sindacati

In mancanza di contratti collettivi nazionali, la proposta di legge prevede la possibilità per i lavoratori o i sindacati territoriali di avanzare una proposta di riduzione dell’orario lavorativo a livello aziendale. Tale proposta sarà sottoposta a referendum interno, che dovrà essere approvato dalla maggioranza dei dipendenti. Se accettata, il datore di lavoro avrà trenta giorni per dare il proprio consenso, altrimenti il progetto potrà essere ripresentato dopo sei mesi.

Una possibile riduzione oraria generalizzata

Al termine del periodo di applicazione degli sgravi contributivi previsti dalla legge, un’analisi dell’Osservatorio potrà portare a una rideterminazione generale dell’orario di lavoro a livello nazionale, riducendolo di almeno il 10% rispetto agli attuali standard, per tutte le imprese che abbiano applicato i contratti proposti dalla normativa.

Il testo della proposta di legge per l’orario lavorativo ridotto

Qui il documento completo.