Precari e idonei faticano a trovare stabilità: questo è l’allarme lanciato dai sindacati, in particolare da FP CGIL e UilPA, i quali evidenziano come i concorsi pubblici stiano attraversando una fase complicata, con difficoltà nell’assorbimento di personale precario e di coloro che hanno superato le prove selettive. 


Nello specifico le organizzazioni sindacali del settore pubblico denunciano la disparità di trattamento tra vincitori e idonei, nonostante abbiano partecipato agli stessi concorsi.

Scopriamo più in dettaglio quali sono le criticità attuali e quali sono i punti sui quali i sindacati stanno facendo pressione.

La denuncia dei sindacati: nei concorsi pubblici poca stabilità per precari e idonei

Negli ultimi mesi infatti il tema dei concorsi pubblici è tornato al centro del dibattito, sollevando numerose criticità riguardo alla gestione del personale precario e delle nuove assunzioni. Le questioni legate alla stabilizzazione dei lavoratori e alle disparità economiche tra neoassunti stanno alimentando tensioni all’interno della Pubblica Amministrazione, con sindacati e governo su posizioni opposte. Mentre si cercano soluzioni per far fronte alle carenze di organico, emergono nuovi ostacoli che potrebbero avere ripercussioni sul futuro dei concorsi stessi.

Le critiche della FP CGIL al concorso per le politiche di coesione

La Funzione Pubblica CGIL ha espresso una forte critica in relazione al concorso bandito l’8 ottobre, che prevede l’assunzione a tempo indeterminato di 2.200 funzionari per le politiche di coesione negli enti locali. Il sindacato ha segnalato che questa procedura rischia di danneggiare pesantemente i lavoratori precari già impegnati da circa tre anni nelle stesse mansioni. Questi dipendenti, infatti, sono stati assunti a tempo determinato per ricoprire ruoli analoghi a quelli che oggi vengono messi a concorso con contratti a tempo indeterminato.

Precari esclusi dalla stabilizzazione

La FP CGIL ha cercato di evitare che i precari venissero esclusi dalla stabilizzazione, promuovendo emendamenti in Parlamento e spingendo per una riserva nei concorsi che garantisse loro l’accesso prioritario. Tuttavia, il governo ha scelto di pubblicare il bando senza prevedere alcun meccanismo di tutela per questi lavoratori. Il sindacato considera questa decisione inaccettabile, soprattutto alla luce del fatto che i precari in questione hanno già superato una selezione pubblica e svolgono le stesse funzioni che ora vengono aperte a nuovi candidati. La mancanza di una riserva, secondo la CGIL, è una forma di discriminazione che non tiene conto né del percorso professionale né dell’esperienza acquisita sul campo.

Vuoto operativo

Il rischio, sottolinea ancora la CGIL, è che i contratti a tempo determinato giungano al termine prima che i nuovi funzionari entrino in servizio, causando un vuoto operativo negli enti locali. Questa interruzione potrebbe non solo fermare le attività cruciali legate alle politiche di coesione, ma anche disperdere le competenze e le conoscenze accumulate dai precari in anni di lavoro. Per il sindacato, si tratta di una decisione miope, che non tiene conto delle reali esigenze della Pubblica Amministrazione né del contributo prezioso di questi lavoratori.

La battaglia della CGIL non si fermerà qui. Il sindacato è deciso a portare avanti la sua lotta per ottenere la stabilizzazione completa di tutto il personale precario impegnato nelle politiche di coesione. L’obiettivo è evitare che queste assunzioni a tempo indeterminato, pur positive in linea di principio, diventino il motivo di nuovi licenziamenti, colpendo proprio quei lavoratori che hanno contribuito a sostenere il funzionamento degli enti locali in questi anni.

UilPA: disparità salariali per i neoassunti

Parallelamente alle questioni relative alla stabilizzazione dei precari, la UilPa ha acceso i riflettori su un’altra problematica che sta creando malcontento tra i nuovi assunti nelle Funzioni Centrali. Il sindacato ha denunciato le disparità salariali emerse in seguito all’applicazione del nuovo ordinamento professionale previsto dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro (CCNL) 2019/2021, in vigore dal 1° novembre 2022. Secondo la UilPa, i neoassunti che hanno preso servizio dopo questa data stanno subendo una penalizzazione economica rispetto ai colleghi entrati in ruolo prima della sua entrata in vigore, nonostante abbiano seguito la stessa procedura concorsuale.

In una lettera inviata al ministro della Pubblica Amministrazione Paolo Zangrillo e al presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, la UilPa ha chiesto una revisione urgente di queste disparità, sottolineando l’importanza di applicare un principio di equità salariale tra tutti i dipendenti delle Funzioni Centrali. Il sindacato ha infatti evidenziato che queste differenze retributive derivano da una lettura disomogenea delle norme contrattuali da parte delle varie amministrazioni, che hanno interpretato in maniera differente il CCNL in relazione alla data di immissione in servizio dei nuovi dipendenti.

L’ambiguità di alcuni pareri

Questa questione è stata recentemente discussa anche alla Camera dei Deputati, dove l’onorevole Andrea Casu ha sollevato il tema durante una seduta, evidenziando come tali disparità siano il risultato di una serie di pareri forniti dall’Aran a diverse amministrazioni pubbliche. Un esempio è il parere rilasciato il 15 marzo 2024 in risposta a una richiesta del Ministero della Difesa, che ha contribuito a creare ulteriori confusioni sull’interpretazione delle norme. Sebbene questi pareri non abbiano carattere giuridicamente vincolante, l’approvazione dell’ordine del giorno presentato da Casu impegna ora il governo a eliminare ogni forma di discriminazione economica tra i dipendenti che hanno partecipato allo stesso concorso.

Rischio di contenziosi legali

La UilPa teme che, se la questione non verrà risolta, potrebbe aprirsi un’ondata di contenziosi legali. Secondo il sindacato, questo scenario non solo avrebbe un impatto negativo sull’immagine delle Funzioni Centrali, ma rischierebbe anche di scoraggiare la partecipazione a futuri concorsi pubblici, con ripercussioni sull’efficienza della macchina amministrativa. Per evitare tali conseguenze, la UilPa ha sollecitato tutte le amministrazioni coinvolte a rivedere le decisioni già prese, correggendo le disparità salariali e garantendo condizioni economiche paritarie per tutti i dipendenti entrati in servizio attraverso lo stesso percorso concorsuale.

Perché i concorsi pubblici sono così profondamente in crisi?

I concorsi pubblici, da sempre considerati uno dei principali strumenti per garantire trasparenza e meritocrazia nell’accesso al lavoro nella Pubblica Amministrazione, stanno vivendo una fase di crisi. A fronte delle nuove assunzioni, che dovrebbero rappresentare una boccata d’ossigeno per un settore cronicamente in difficoltà, emergono problematiche strutturali che mettono in discussione l’efficacia dell’intero sistema. Il precariato, il caos nelle assunzioni e il fenomeno sempre più diffuso della “fuga” dal lavoro pubblico rappresentano nodi irrisolti che rischiano di compromettere il futuro della PA.

La situazione del precariato

Uno dei problemi più evidenti è la precarizzazione del lavoro pubblico, che coinvolge decine di migliaia di lavoratori. Secondo i dati più recenti, sono circa 300.000 i dipendenti precari attualmente impiegati nella Pubblica Amministrazione italiana, distribuiti tra contratti a tempo determinato e forme di lavoro flessibile. Questi lavoratori, spesso impegnati in mansioni cruciali, vivono nell’incertezza, privi di una prospettiva di stabilizzazione. Come ha dimostrato il recente caso del concorso per i 2.200 funzionari per le politiche di coesione, la mancanza di riserve per i precari in molte selezioni pubbliche porta al paradosso di sostituire personale con esperienza con nuovi assunti, creando un vuoto di competenze e professionalità difficili da recuperare.

“Fuga” dal lavoro pubblico

Questo precariato diffuso è una delle cause principali della cosiddetta “fuga” dal lavoro pubblico, un fenomeno che ha visto un incremento significativo negli ultimi anni. Sempre più giovani professionisti scelgono di non partecipare ai concorsi o, se lo fanno, spesso abbandonano poco dopo l’assunzione. Le ragioni sono molteplici: stipendi bassi, opportunità di carriera limitate, un sistema di premi e incentivi inadeguato, ma soprattutto la lentezza con cui le amministrazioni pubbliche si adeguano alle esigenze di un mondo del lavoro in continua evoluzione. Tra i fattori che contribuiscono a questo esodo c’è la questione salariale: secondo i dati del Forum PA, la retribuzione media di un dipendente pubblico italiano è inferiore del 20% rispetto alla media europea, un dato che scoraggia soprattutto i più giovani.

Caos organizzativo

A peggiorare la situazione, il caos organizzativo che spesso caratterizza i concorsi pubblici. Le procedure concorsuali sono lente, macchinose e non sempre premiano il merito. I lunghi tempi di attesa tra la pubblicazione dei bandi e l’effettiva immissione in ruolo, insieme alle continue modifiche normative, creano incertezza sia per i candidati che per le amministrazioni. Le disparità di trattamento segnalate dalla UilPa, con differenziali salariali applicati in maniera incoerente a seconda delle date di assunzione, sono solo un esempio di come la gestione del personale pubblico sia frammentata e poco coordinata.

Un circolo vizioso che mette a rischio l’intero sistema

Questa combinazione di precarietà, disparità e disorganizzazione sta alimentando un circolo vizioso che rischia di compromettere seriamente l’efficacia della Pubblica Amministrazione. In un contesto in cui la PA dovrebbe giocare un ruolo cruciale nel rilancio del Paese, soprattutto in vista delle sfide legate all’attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), queste criticità rischiano di minare la capacità delle amministrazioni di rispondere in maniera adeguata e tempestiva alle esigenze dei cittadini.

La soluzione a questo caos passa necessariamente da una riforma strutturale del sistema dei concorsi e della gestione del personale pubblico. Servono meccanismi che favoriscano la stabilizzazione dei precari, una maggiore equità salariale, e incentivi reali per attrarre e trattenere giovani talenti. Senza un intervento deciso in questa direzione, il rischio è quello di una Pubblica Amministrazione sempre più inefficiente e depotenziata, con ripercussioni gravi non solo sul lavoro pubblico, ma sull’intero sistema Paese.