Anche nelle Pa si potrebbe tornare a fare ampio uso dello strumento dello smart working, soprattutto per i fuori sede: le indicazioni fornite dal presidente dell’Aran, Antonio Naddeo.


L’amministrazione pubblica italiana sta affrontando una significativa trasformazione, puntando su modalità di lavoro più flessibili e innovative. A sottolinearlo è Antonio Naddeo, presidente dell’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni, il quale evidenzia l’importanza di introdurre nel nuovo contratto strumenti all’avanguardia, non limitati esclusivamente agli aumenti salariali.

Smart working nelle Pa per i fuori sede: il progetto dell’Aran

Termini come smart working, coworking e welfare aziendale stanno diventando sempre più comuni, influenzando la vita di circa 193.000 dipendenti. Questa evoluzione linguistica riflette un cambiamento profondo nel modo in cui le istituzioni concepiscono il lavoro, spostando l’accento dalla mera presenza fisica negli uffici a un modello più flessibile e inclusivo.

Anche la Pa deve rimanere al passo con i tempi

Per Naddeo dunque la Pa non può rimanere indietro a questo trend. Il lavoro agile non è più riservato a una ristretta cerchia di professionisti, ma si sta estendendo a un ampio gruppo di lavoratori, inclusi genitori, persone con particolari esigenze di salute e, soprattutto, neoassunti.

In questo contesto, l’introduzione dello smart working e delle politiche di welfare aziendale potrebbe rivelarsi fondamentale per migliorare l’attrattività della pubblica amministrazione. Queste misure non solo possono contribuire a un migliore equilibrio tra vita lavorativa e personale, ma rappresentano anche un incentivo per i giovani a restare nel settore pubblico, nonostante le condizioni economiche più sfavorevoli rispetto al settore privato.

Le necessità dei “fuori sede”

L’adozione del lavoro agile permette di rispondere in modo più efficace alle esigenze dei lavoratori che vivono fuori sede, offrendo loro la possibilità di gestire meglio il proprio tempo e le proprie responsabilità. Ad esempio, i genitori possono conciliare meglio le esigenze familiari con quelle professionali, mentre i lavoratori con disabilità possono accedere a un ambiente di lavoro più adatto alle loro necessità.

Genitori e caregivers, in particolare, rappresentano una nuova generazione di impiegati che cerca condizioni lavorative più favorevoli, soprattutto se vivono lontano dalla sede di lavoro. La possibilità di lavorare in modalità agile risponde alle esigenze di chi ha difficoltà a spostarsi quotidianamente o che, per motivi familiari, ha bisogno di un approccio più flessibile.

Trattenere i giovani negli enti locali

Inoltre il presidente dell’Aran Naddeo sottolinea l’importanza di fornire strumenti che favoriscano una maggiore flessibilità. “Stiamo implementando soluzioni per attrarre e mantenere i giovani talenti“, afferma. Tuttavia, Naddeo chiarisce che non si tratta di un fenomeno di fuga dai ruoli pubblici.

Molti giovani scelgono di lavorare negli enti centrali, attratti da salari più competitivi, con una media di 2.000 euro netti per i neoassunti in enti come l’Inps o l’Agenzia delle Entrate, rispetto ai 1.600 euro degli enti locali. Questa disparità retributiva gioca un ruolo cruciale nella scelta di carriera dei neolaureati.

Anche le singole municipalità si muovono: il caso di Roma Capitale

Anche i singoli Comuni italiani stanno rivedendo le proprie politiche per abbracciare il lavoro agile, riconoscendo l’importanza di adattarsi a un contesto in continua evoluzione. Un esempio significativo è rappresentato da Roma Capitale, che sta sviluppando un accordo con i sindacati per facilitare l’adozione dello smart working tra i suoi 9.000 dipendenti. Questa iniziativa prevede una revisione delle modalità di lavoro, limitando la presenza fisica in ufficio ai soli servizi di front office, quelli che richiedono interazione diretta con il pubblico.

L’obiettivo principale di questa riforma è rendere il lavoro più flessibile, specialmente in vista del Giubileo, un evento che porterà un notevole incremento del traffico e della presenza di visitatori nelle aree centrali della capitale. Implementando politiche di smart working, si intende alleviare la congestione del traffico, permettendo ai dipendenti di svolgere le proprie mansioni da remoto per gran parte della settimana.

L’intesa prevede che tutto il personale non necessariamente presente fisicamente possa usufruire di almeno due giorni di smart working a settimana, con la possibilità di estenderli fino a cinque giorni. Tale flessibilità rappresenta un passo avanti significativo rispetto alle tradizionali modalità di lavoro, incoraggiando una cultura organizzativa più orientata al risultato piuttosto che alla mera presenza fisica.

Questo accordo servirà da guida per le amministrazioni locali, fornendo un modello da seguire per l’implementazione delle pratiche di smart working, senza compromettere la produttività complessiva. È fondamentale garantire che la transizione verso il lavoro agile non influisca negativamente sulla qualità del servizio offerto ai cittadini.

In aggiunta, il telelavoro potrà essere attivato anche in situazioni straordinarie, come eventi programmati o calamità naturali. Questa flessibilità può garantire la continuità dei servizi pubblici e per mitigare eventuali disagi che potrebbero sorgere in situazioni di emergenza.

Quali sono i dati attuali sul telelavoro?

L’analisi dei dati forniti dall’ISTAT evidenzia un cambiamento radicale nelle pratiche lavorative delle pubbliche amministrazioni italiane. Prima dell’emergenza sanitaria globale, solo il 3,6% di queste istituzioni aveva adottato il lavoro agile come prassi ordinaria. Tuttavia, a seguito della pandemia, questa percentuale ha subito un balzo impressionante, arrivando al 58,9% nel 2020. Questo cambiamento non solo riflette l’adattamento necessario alle circostanze eccezionali, ma rappresenta anche un segno di un’evoluzione nelle modalità di lavoro che potrebbe essere duratura.

Secondo la ricerca dell’Osservatorio Smart Working della School of Management del Politecnico di Milano, nel 2023 il numero di lavoratori da remoto in Italia si è stabilizzato a circa 3,585 milioni. Questo segna un incremento del 541% rispetto ai livelli pre-pandemia, evidenziando come il lavoro agile sia diventato una componente fondamentale della struttura lavorativa italiana. I dati raccolti parzialmente durante il 2024 indicano un ulteriore aumento, con stime che parlano di 3,65 milioni di smart worker nel Paese.

A che punto si trova oggi la Pa italiana?

Tuttavia, il settore pubblico mostra segni di crescita più contenuta rispetto ad altri ambiti. Nel 2023, solo il 16% delle pubbliche amministrazioni ha sviluppato progetti di smart working ben strutturati, suggerendo che molte di esse faticano ad adattarsi a queste nuove modalità di lavoro. Nonostante le iniziative di lavoro agile siano presenti nel 61% degli enti pubblici, le azioni concrete tendono a concentrarsi principalmente nelle realtà più grandi, dove le risorse e le infrastrutture tecnologiche sono più facilmente accessibili.

Inoltre, il futuro del lavoro agile nelle pubbliche amministrazioni rimane incerto. Circa il 20% di queste istituzioni non è in grado di prevedere come si evolveranno le iniziative di smart working, in particolare nelle strutture più piccole, dove le difficoltà di implementazione possono essere maggiori. Questa incertezza potrebbe limitare le opportunità di crescita e innovazione nel settore pubblico, che potrebbe altrimenti trarre vantaggio dalle esperienze positive del lavoro agile.

In sintesi, mentre il lavoro agile ha compiuto passi da gigante in Italia, il settore pubblico deve ancora affrontare sfide significative per massimizzare i suoi benefici. La combinazione di un quadro normativo favorevole e l’esperienza acquisita durante la pandemia offre un’opportunità unica per ristrutturare e migliorare le modalità di lavoro, ma è essenziale che tutte le amministrazioni, grandi e piccole, si impegnino a sfruttare queste possibilità per garantire un ambiente di lavoro moderno e flessibile.