Il Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) della Puglia, con la sentenza emessa 1032/2024, fornisce alcune delucidazioni sulla violazione del principio di equivalenza negli appalti.


Nel caso in esame i giudici hanno accolto il ricorso presentato da una società esclusa da una gara d’appalto per la fornitura di materiale medico. Il nodo centrale della disputa riguarda la violazione del principio di equivalenza, un principio cardine nelle procedure di gara pubblica.

Il contesto della controversia

La vicenda ha origine da un bando emesso per la fornitura di un componente specifico, il “Tubo giornaliero XD8151“, destinato a un apparecchio medico presso un ospedale della zona nord di Bari. La gara, gestita tramite la piattaforma elettronica “Empulia, richiedeva l’acquisto esclusivo di materiali “originali”. Tuttavia, una delle aziende partecipanti è stata esclusa per aver proposto materiali non ritenuti conformi alle specifiche richieste, in quanto non originali.

La società esclusa ha contestato la decisione, sottolineando che il principio di equivalenza prevede la possibilità di offrire prodotti equivalenti, purché rispondano alle stesse esigenze funzionali di quelli originali. La contestazione è stata presentata al TAR, con l’accusa di violazione del decreto legislativo n. 36 del 2023, che regola gli appalti pubblici, e del principio di equivalenza.

La violazione del principio di equivalenza negli appalti

Nel campo degli appalti pubblici, il principio di equivalenza garantisce che, se un prodotto è funzionalmente idoneo all’uso previsto, deve essere considerato equivalente a quello originale, anche se differisce in alcune caratteristiche tecniche. Questo principio ha lo scopo di evitare esclusioni arbitrarie di fornitori, favorendo la concorrenza e l’efficienza negli acquisti pubblici.

Secondo il TAR, la decisione dell’amministrazione di richiedere esclusivamente materiali originali, senza fornire adeguate motivazioni che giustificassero tale limitazione, è risultata illegittima. Il tribunale ha evidenziato come non sia stata presentata alcuna giustificazione specifica sulla necessità di utilizzare esclusivamente prodotti originali, né sulle carenze dei materiali offerti dalla società esclusa.

La decisione del TAR

Nel pronunciarsi sul caso, il TAR ha pertanto stabilito che la richiesta di fornire esclusivamente materiali originali è incompatibile con il principio di equivalenza. La valutazione dei prodotti offerti avrebbe dovuto basarsi non solo sulla loro conformità formale, ma anche sulla loro capacità di rispondere alle esigenze pratiche dell’amministrazione, come previsto dalla normativa sugli appalti pubblici.

Il tribunale ha concluso che il prodotto offerto dalla società esclusa avrebbe dovuto essere valutato non solo per la sua etichetta di “non originale”, ma per la sua effettiva idoneità a soddisfare le necessità operative del dispositivo medico in questione. La mancata considerazione di questa possibilità ha portato all’annullamento del provvedimento di esclusione.

Le conseguenze della sentenza

A seguito della decisione del TAR, l’amministrazione sanitaria coinvolta dovrà rivalutare l’offerta della società esclusa, tenendo conto del principio di equivalenza. La sentenza implica che, se il prodotto offerto risulta funzionalmente equivalente a quello richiesto, l’azienda dovrà essere riammessa alla procedura di gara.

Inoltre, l’amministrazione è stata condannata al pagamento delle spese processuali, che ammontano a 2.000 euro, a favore della società ricorrente.

La sentenza del TAR Puglia sottolinea in sintesi l’importanza del principio di equivalenza nelle gare pubbliche, ribadendo che l’originalità di un prodotto non può essere l’unico criterio di selezione. Le amministrazioni pubbliche, soprattutto nel settore sanitario, devono valutare le offerte in modo ampio e inclusivo, privilegiando l’efficienza e la funzionalità dei prodotti proposti, piuttosto che concentrarsi su dettagli formali

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.