I partiti di maggioranza hanno approvato un emendamento, per il ddl Lavoro, che reintroduce le cosiddette “dimissioni in bianco”: ecco cosa potrebbe succedere.


Durante le discussioni per il ddl Lavoro, c’è stato un duro scontro tra opposizioni e maggioranza.

Le opposizioni avevano presentato un emendamento sul salario minimo, bocciato dalla maggioranza e, al contrario, sostenuto da tutte le forze di opposizioni, ad eccezione di Italia Viva, che si è astenuta sul voto.

La maggioranza, però, ha approvato un emendamento che “smonta” parte del Jobs Act.

Parliamo della legge voluta dal governo Renzi (decreto n°151 del 2015) che, pur confermando il licenziamento individuale introdotto dalla legge Fornero, introduceva norme più stringenti (in particolare nell’art.26) per contrastare il licenziamento mascherato da dimissioni volontarie del dipendente.

Si tratta delle cosiddette “dimissioni in bianco”.

È importante specificare, però, che il ddl Lavoro 2024 non è stato ancora approvato da nessun ramo parlamentare e le regole entreranno in vigore solo dopo l’ok in Aula e la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Si tratta di operazioni che dovrebbero terminare entro dicembre 2024.

Vediamo intanto cos’è successo.

Ritorno delle dimissioni in bianco: una pratica che mette a rischio i lavoratori

Prima del Jobs Act, era possibile che un’impresa chiedesse ad un neoassunto di firmare un foglio in bianco sul quale, al bisogno, il datore di lavoro avrebbe potuto aggiungere la data delle sue dimissioni, considerate volontarie.

Come anticipato, parliamo delle “dimissioni in bianco”, un licenziamento mascherato contro il quale la legge Fornero del 2012 aveva dettato norme stringenti, confermate anche dal Jobs Act del 2015, che rendevano obbligatoria la comunicazione formale della volontà di dimettersi.

Queste norme, però, potrebbero essere indebolite dal ddl Lavoro.

La giustificazione principale è quella di contrastare i cosiddetti furbetti che, invece di dimettersi tentano di farsi licenziare per accedere alla Naspi.

Cosa dice la nuova norma

L’art.19 del nuovo ddl 1532-bis stabilisce che “in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro, che può verificare la veridicità della comunicazione medesima. Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo”.

La norma, perciò, esclude a priori che, dietro l’assenza ingiustificata, possa esserci un intervento del datore di lavoro per allontanare il dipendente. E dà per scontata la volontà del lavoratore d’interrompere il rapporto di lavoro, anche se non è mai stata manifestata.

La maggioranza, inoltre, ha bocciato tutte le proposte delle opposizioni, per modificare l’articolo.