Se le bollette sono care, possono essere contestate: spetterà al gestore provare che il contatore funzioni correttamente: ecco cosa dice la Cassazione. 


Se avete resistito all’estate bollente senza far lievitare all’eccesso la bolletta della luce, misurando il tempo del condizionatore acceso, forse sarete in grado di guardare all’inverno in arrivo senza essere terrorizzati dalla bolletta.

Liberalizzazioni e rincari non fanno dormire sonni tranquilli molte famiglie purtroppo. Ma se davvero dovesse arrivare una bolletta molto più cara di quanto ci aspettiamo? Cosa potremmo fare in questo caso?

La forma per pretendere chiarezza su quanto imputato a nostro carico è la contestazione scritta della fattura, via pec o via raccomandata a/r che evidenzi l’importante differenza rispetto ai consumi registrati in precedenza.

Le bollette troppo care possono essere contestate: il parere della Cassazione

A chi spetta l’onere della prova nel caso di contestazione delle bollette?

Lo ha chiarito la Corte Costituzionale con la recente sentenza n. 25542/2024, che si è occupata della denuncia di un imprenditore al quale era stata recapitata una bolletta della fornitura elettrica con un importo troppo alto e consumi 10 volte superiori a quelli ordinari.

Dopo diversi livelli di giudizio è arrivata la sentenza. Secondo il pronunciamento dei giudici di Roma, il dato riportato nel contatore “ha il valore di una presunzione semplice di veridicità”. Questo significa che, se l’utente contesta tale dato, sarà il fornitore a dover dimostrare che la rilevazione è invece stata corretta.

Anche un’altra recente ordinanza, quest’ultima emessa a settembre, dalla Corte di Cassazione n. 29784/2024 aveva già chiarito che, in tali situazioni, spetta al fornitore dell’energia elettrica dimostrare il corretto funzionamento del contatore.

Responsabilità dell’utente invece è la dimostrazione, mediante lo storico dei consumi fatturati, che quel dato di consumo imputato non è ‘normale’ e che si discosta in maniera troppo sostanziale dall’andamento dei consumi dei mesi/anni precedenti.

Non spetta al cliente la dimostrazione dell’errata rilevazione tecnica, anche ragionando sull’impossibilità di fornire una prova tecnica sull’apparecchio. Specialmente se il contatore è stato sostituito unilateralmente dall’azienda, ma come già affermato, solo della differenza troppo importante dei consumi rispetto al normale utilizzo.

In tal caso, il giudice può considerare il dato statistico come indizio rilevante per accogliere la richiesta di verifica.

Il ruolo del fornitore nella prova del corretto funzionamento del contatore lo ritroviamo ancora esplicitato nell’ordinanza n. 23699/2016 con la quale la Cassazione aveva stabilito che, nei contratti di somministrazione di acqua, luce e gas, qualora l’utente contesti i consumi addebitati, il fornitore ha l’onere di dimostrare che il contatore funziona correttamente. Le sentenze più recenti confermano a rafforzano dunque questo orientamento ormai consolidato della giurisprudenza.

Quand’è responsabile il consumatore?

Attenzione però, al consumatore finale rimane in capo la responsabilità rispetto alla custodia dell’impianto.

Come deliberato nell’ordinanza n. 34701/2021 sempre della Cassazione in caso di contestazione, il consumatore deve dimostrare che i consumi eccessivi non siano da imputare ad un difetto di controllo e custodia dell’impianto e che non vi sia stata sua negligenza, ma siano quindi dovuti a cause estranee alla sua volontà e che non avrebbero potuto essere evitare.

Ancora di più se il contatore funziona correttamente, il consumatore deve produrre dimostrazione di aver vigilato con attenzione affinché non si verificassero intrusioni o manipolazioni da parte di terzi estranei e di aver posto in atto misure di sorveglianza contro potenziali danni o usi impropri della rete e dell’impianto in carico a lui.


Fonte: articolo di Rossella Angius