L’Assemblea generale dell’ONU ha recentemente approvato una risoluzione storica, invitando Israele a cessare entro un anno la sua occupazione illegale nel territorio palestinese.


Questo provvedimento si basa su un parere emesso a luglio dalla Corte internazionale di giustizia (CIG), che ha definito l’occupazione israeliana come illegittima e ha esortato a rimuovere gli insediamenti.

Il monito dell’ONU a Israele: stop a occupazione illegale del territorio palestinese

Proposta dallo Stato di Palestina, la risoluzione ha ricevuto il sostegno di 124 stati membri, evidenziando un ampio consenso sulla necessità di affrontare la questione dell’occupazione. Questo risultato indica una crescente pressione sulla comunità internazionale affinché agisca per garantire il rispetto dei diritti umani e del diritto internazionale nella regione.

La (non) posizione dell’Italia

Tuttavia l’astensione di 43 paesi, tra cui l’Italia, suggerisce una posizione più ambigua. L’Italia, che ha sempre mantenuto una storica alleanza con Israele, ha dunque rifiutato di schierarsi né a favore né contro la risoluzione.   Questa scelta, lungi dal rappresentare un tentativo di equilibrio diplomatico, rischia di rivelarsi un atto di disimpegno e opportunismo, dimostrando una preoccupante mancanza di volontà di affrontare in modo decisivo e responsabile la questione palestinese e contribuire a una risoluzione duratura del conflitto.

Stati Uniti e Israele (ovviamente) contrari

I 14 voti contrari, tra cui spiccano quelli di Stati Uniti e Israele, mettono in luce una divisione scandalosa e insostenibile sulle questioni fondamentali del conflitto. Gli Stati Uniti, storicamente alleati di Israele, hanno tentato di giustificare la loro opposizione come parte di una politica estera che avalla le azioni israeliane, considerate legittime e necessarie per la propria sicurezza nazionale. Questa posizione, tuttavia, non fa altro che evidenziare l’ipocrisia e il cinismo delle potenze occidentali, rivelando quanto gli interessi nazionali prevalgano su qualsiasi principio di giustizia o diritti umani nel contesto israelo-palestinese.

Il motivo della divergenza nei voti

La divergenza nei voti riflette non solo le diverse posizioni politiche, ma anche le varie sensibilità storiche e culturali che ciascuno stato ha nei confronti della questione palestinese. Le nazioni che hanno sostenuto la risoluzione tendono a condividere una visione più umanitaria e giuridica del conflitto, considerando l’occupazione come una violazione dei diritti umani. Al contrario, i paesi che si sono opposti alla risoluzione spesso sottolineano la necessità di garantire la sicurezza di Israele e criticano le risoluzioni che potrebbero compromettere i suoi interessi strategici.

Il commento di Amnesty International

Agnès Callamard, segretaria generale di Amnesty International, ha commentato l’esito della votazione sottolineando che l’occupazione israeliana, che perdura da 57 anni, non può più essere tollerata secondo il diritto internazionale.

Callamard ha chiesto a Israele di rispettare immediatamente la risoluzione, ritirando le sue forze armate dalla Cisgiordania e da Gerusalemme Est, recentemente annessa, oltre che dalla Striscia di Gaza. Ha anche richiesto il smantellamento degli insediamenti israeliani nella Cisgiordania, compresa Gerusalemme Est, e l’annullamento dell’annessione, sia in termini legali che pratici.

Questa risoluzione risponde a richieste che il popolo palestinese e molte nazioni nel mondo hanno formulato da tempo, ed è un passo verso l’attuazione del parere della CIG, che stabilisce chiaramente l’obbligo di Israele di porre fine alla sua occupazione e alla discriminazione sistematica nei confronti della popolazione palestinese.

Negli ultimi decenni, l’occupazione ha causato ingiustizie, spargimenti di sangue e un’ampia sofferenza per i palestinesi. Negli ultimi undici mesi, le violazioni dei diritti umani da parte di Israele, definite da Amnesty come parte di un sistema di apartheid, si sono intensificate in modo drammatico. In particolare, l’offensiva israeliana a Gaza ha inflitto gravi danni alla popolazione civile, con un alto numero di morti e feriti, distruzione di infrastrutture e ondate di sfollamenti forzati. La Striscia di Gaza è ora considerata una delle aree con la crisi umanitaria più grave al mondo, aggravata da un blocco che dura da 17 anni.

Contemporaneamente, Israele ha intensificato le sue operazioni nella Cisgiordania, comportando danni alle strutture civili e un aumento delle violenze da parte dei coloni. Questa situazione ha portato a ulteriori sfollamenti e a un clima di crescente repressione contro la popolazione palestinese.

Le movitazioni di questa risoluzione dell’ONU

L’implementazione della risoluzione dell’Assemblea generale è cruciale per ripristinare la fiducia nel diritto internazionale. Questo è un momento determinante per la comunità globale, che deve assicurarsi che Israele rispetti le sue obbligazioni e ponga fine alle violazioni dei diritti umani. È essenziale che gli stati, compresi i suoi alleati, interrompano ogni forma di assistenza a Israele, in particolare il commercio con gli insediamenti illegali e la fornitura di armi.

Inoltre, è fondamentale promuovere meccanismi che registrino i danni causati dall’occupazione israeliana e affrontino le violazioni della Convenzione sull’eliminazione di ogni forma di discriminazione razziale. Questi strumenti devono essere ben progettati e finanziati per garantire giustizia alle vittime e porre fine all’apartheid israeliano contro i palestinesi, i cui diritti continuano a essere violati.