La Corte Costituzionale ha fissato le date per i ricorsi presentati dalle Regioni contro la legge Calderoli, in merito all’Autonomia differenziata: ecco un approfondimento di Fabio Ascenzi


Con un comunicato del 2 ottobre, l’Ufficio Stampa di Palazzo della Consulta ha informato che «Il Presidente della Corte costituzionale, Augusto Barbera, ha fissato, per l’udienza pubblica del 12 novembre 2024, la discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione Puglia (ricorso n. 28) e dalla Regione Toscana (ricorso n. 29) sulla legge n. 86 del 26 giugno 2024 “Disposizioni per l’attuazione dell’autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione”. Seguirà, a scadenza termini prevista per martedì 8 ottobre, la fissazione, sempre per l’udienza pubblica del prossimo 12 novembre, della discussione delle questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla Regione autonoma della Sardegna (ricorso n. 30) e dalla Regione Campania (ricorso n. 31) riguardanti la stessa legge».

Il riferimento è ai ricorsi proposti in via principale da Puglia, Toscana, Sardegna e Campania ai sensi dell’art. 127 Cost., per il quale quando una Regione ritenga che una legge o un atto avente valore di legge dello Stato o di un’altra Regione leda la sua sfera di competenza, può promuovere la questione di legittimità costituzionale dinanzi alla Corte, entro sessanta giorni dalla pubblicazione.

La tempistica appena comunicata riveste particolare importanza poiché, vista la cessazione dalla carica del Presidente Barbera prevista per il prossimo 21 dicembre, vi era molta attesa.

Fissate le date dei ricorsi contro la legge Calderoli: i prossimi step per l’Autonomia differenziata

In effetti, non essendoci vincoli a riguardo, i giudici avrebbero potuto decidere di pronunciarsi sulla legittimità costituzionale della norma (totale o parziale che sia) prima della sentenza sull’ammissibilità dei quesiti per cui è stato richiesto il referendum, oppure dopo di questa ma precedentemente alla sua celebrazione, o persino successivamente alla consultazione popolare. Ora, con l’opzione assunta, i tempi si stringono ed entro dicembre si dovrebbero avere le decisioni che avranno effetti dirimenti anche sulla convocazione del referendum, ovvero sulla necessità di una riformulazione dei quesiti depositati in Cassazione.

È chiaro, infatti, che se uno dei ricorsi per l’abrogazione totale della norma dovesse essere accolto, la legge decadrebbe con effetti retroattivi, e quindi non vi sarebbe più alcuna necessità di svolgere il referendum. Se al contrario le obiezioni avanzate nei ricorsi delle Regioni fossero respinte, o accolte solo in parte, rimarrebbe fondamentale attendere anche l’espressione sull’ammissibilità dei quesiti (di abrogazione totale o parziale) per cui è stata richiesta la sottoposizione al vaglio popolare, poiché a quel punto la chiamata alle urne sarebbe l’unica possibilità per quanti vogliano opporsi all’atto approvato dal Parlamento.

È utile ricordare che, quando viene sollevata una questione di costituzionalità verso una norma di legge, la Corte si esprime innanzitutto sulla sussistenza dei requisiti necessari. Le richieste avanzate, difatti, potrebbero essere ritenute non ammissibili, quando mancano dei requisiti necessari (ad esempio, se non fosse stato rispettato il termine per ricorrere, o anche perché difettano le indicazioni essenziali per individuare l’oggetto del ricorso). Entrando nel merito, invece, la questione può essere ritenuta fondata e allora la Corte conclude il suo giudizio con una pronuncia di accoglimento che dichiara l’illegittimità costituzionale della norma, oppure non fondata con una pronuncia di rigetto. Come stabilito dall’art. 136 Cost., se una legge è dichiarata incostituzionale perde automaticamente efficacia e diventa inapplicabile dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione sulla Gazzetta Ufficiale.

La pronuncia della Corte ha dunque un effetto generale (non limitato al singolo giudizio in cui la questione è stata sollevata) e definitivo.


Fonte: articolo di Fabio Ascenzi