L’introduzione della legge 86/2024 sulla riforma dell’autonomia differenziata, anche nota come legge Calderoli, sta suscitando forti preoccupazioni tra i costituzionalisti italiani che hanno deciso di lanciare un appello unitario.


Questo provvedimento, che si propone di implementare il principio dell’autonomia differenziata previsto dall’articolo 116 della Costituzione, viene criticato per la sua presunta incompatibilità con i principi fondamentali della Carta Costituzionale.

Le perplessità espresse dai Costituzionalisti italiani sull’autonomia differenziata

Il Titolo V della Costituzione, riformato nel 2001, stabilisce che l’autonomia possa essere concessa alle Regioni in modo limitato e straordinario. Tuttavia, i critici sostengono che la legge Calderoli trasforma questo principio straordinario in una norma ordinaria, incentivando le Regioni a richiedere un’ampia autonomia. I firmatari di un documento critico, tra cui esperti come Enzo Cheli e Ugo De Siervo, affermano che la legge non rispetta il dettato costituzionale e rischia di compromettere l’unità e l’eguaglianza tra i cittadini.

Le criticità evidenziate nel documento

La legge Calderoli, contrariamente a quanto previsto dalla Costituzione, non si limita ad attuare in via eccezionale l’autonomia differenziata, ma la presenta come una regola generale. Questo approccio, secondo i costituzionalisti, contrasta con il principio per cui l’autonomia differenziata dovrebbe essere applicata solo in specifiche circostanze e non come norma di carattere generale. La legge, infatti, non solo stabilisce principi generali per l’autonomia delle Regioni, ma rischia di sovvertire l’ordinamento costituzionale, creando una discrepanza tra le Regioni e potenzialmente frazionando l’Italia in aree con diritti e servizi differenti.

Il ruolo del Governo

Un altro punto di critica riguarda il ruolo predominante del Governo nella definizione dei livelli essenziali delle prestazioni. Secondo la legge Calderoli, il Governo ha il potere di stabilire questi livelli tramite decreti legislativi, un aspetto che, secondo i critici, contrasta con l’articolo 117 della Costituzione. Questo articolo assegna al legislatore statale la competenza esclusiva per determinare tali livelli, lasciando alle Regioni solo la funzione di applicare le normative.

Le conseguenze economiche e sociali

Il documento critica anche l’assenza di una valutazione chiara dei costi associati all’autonomia differenziata. La legge Calderoli è accusata di sottovalutare l’impatto economico, in particolare il rischio di accentuare il divario tra Regioni ricche e povere e di mettere a repentaglio l’equilibrio del bilancio statale. Inoltre, l’implementazione dei livelli essenziali potrebbe comportare costi ingenti e una maggiore spesa pubblica, senza garanzie sufficienti di equità tra le Regioni.

Rischio di frammentazione

Infine, i critici avvertono che la legge Calderoli potrebbe creare un’Italia a due velocità, con una netta distinzione tra Regioni prospere e altre meno sviluppate. Questa frammentazione, secondo le valutazioni di fonti autorevoli come la Banca d’Italia e l’Ufficio parlamentare di bilancio, potrebbe minare l’unità nazionale e compromettere la garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini.

In sintesi, mentre l’idea di un’autonomia regionale più ampia potrebbe sembrare una soluzione per rispondere meglio alle esigenze locali, le attuali critiche indicano che la legge Calderoli potrebbe invece minare i principi di eguaglianza e unità previsti dalla Costituzione italiana. La sfida sarà trovare un equilibrio che permetta un’efficace autonomia regionale senza compromettere i diritti e le risorse a livello nazionale.

Il testo della lettera-appello

Qui il documento completo.