La Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della regione Lombardia ha riconosciuto come deducibili le spese sostenute da una giornalista fashion influencer per l’acquisto di abbigliamento e accessori necessari allo svolgimento della sua attività professionale.
Una decisione destinata ad avere implicazioni che vanno ben al di là del caso specifico. La sentenza emessa dal giudice lombardo costituisce oggi una delle prime pronunce della giurisprudenza di merito in cui viene riconosciuta la figura dell’influencer della moda in campo fiscale.
Vediamo nel dettaglio il caso giuridico, definito con sentenza 468/2024, le motivazioni alla base della decisione presa dalla Corte di Giustizia milanese e le sue possibili implicazioni future.
Spese della fashion influencer riconosciute deducibili: il caso in esame
Il caso in esame ha come protagonista una giornalista “fashion influencer”, ex direttrice di una rivista, alla quale l’amministrazione fiscale ha presentato un avviso di accertamento per maggiori Irpef e Iva in cui veniva contestata la deduzione delle spese da questa sostenute per l’acquisto di capi di abbigliamento e accessori di vario genere, utilizzati per la partecipazione ad eventi promozionali, costi di viaggi e “pratiche auto”.
Secondo l’Agenzia delle Entrate di Milano le ingenti spese dichiarate dalla contribuente non erano inerenti all’attività professionale esercitata, inquadrata esclusivamente nella professione di giornalista e per questo non deducibili.
La fashion influencer ha deciso di presentare ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale, contro il provvedimento emesso dall’Agenzia delle entrate di Milano, che però è stato respinto dalla Commissione.
Il procedimento è arrivato dinnanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado che, con la sentenza 468/2024, riconosce la deducibilità, al 50%, delle spese sostenute dalla ricorrente in campi di abbigliamento e accessori, considerati inerenti e necessarie allo svolgimento della sua attività professionale di influencer della moda e giornalista.
Nel caso specifico le spese di viaggio e per le pratiche auto non sono state giudicate inerenti e dunque deducibili ai fini fiscali.
Le spese per l’acquisto di capi di abbigliamento sono invece state riconosciute come parzialmente deducibili, al 50%, poiché la ricorrente non ha fornito la completa documentazione e le prove di acquisto e di uso esclusivo per l’attività professionale dei beni e dei servizi.
La decisione dei giudici e le sue implicazioni
La decisione presa dai giudici di merito è basata sul c.d. “criterio di inerenza” che identifica e valuta la pertinenza e la necessità dei costi sostenuti per l’esercizio dell’attività professionale svolta.
Ha riscontrato ed evidenziato l’errore di giudizio commesso dall’Agenzia delle Entrate che ha inquadrato la professione esercitata dalla contribuente come giornalista e non come “influencer nel campo dell’immagine e della moda”, attività che, per la sua specifica natura, necessita dell’acquisto e dell’uso di capi di abbigliamento ed accessori di vario genere.
Una pronuncia importante, una delle prime della giurisprudenza di merito che ha riconosciuto ufficialmente ai fini fiscali la professione di fashion influencer, distinguendola da quella di giornalista, e la deducibilità delle spese per l’acquisito di abbigliamento, considerate come necessarie ed inerenti all’esercizio della professione di influencer della moda.
Fonte: articolo di Martina Pietrograzia