Negli ultimi due anni, c’è stato un aumento dei salari in Italia di 19 miliardi di euro: ecco qual è stato l’impatto dei rinnovi contrattuali.


In un report realizzato dal Cer (Centro Europa Ricerche) per la Confesercenti, si stima che c’è stato un aumento dei salari in Italia pari a 19,1 miliardi di euro, negli ultimi due anni.

L’aumento è legato al miglioramento dei dati sull’occupazione, che ha permesso una spinta ai consumi di oltre 5 miliardi di euro nel 2024.

Anche se non è oro tutto quello che luccica: vediamo nel dettaglio.

Aumento salari Italia: i dati del report

L’aumento dei redditi, pari a 19,1 miliardi di euro, ha avuto un impatto positivo sulle tasche dei lavoratori italiani, soprattutto grazie ai rinnovi contrattuali che ci sono stati nell’ultimo biennio.
Si tratta, però, di un segnale che non permette un recupero dei redditi falcidiati dall’inflazione. Ma consente una spinta ai consumi di 5,5 miliardi di euro, solo nel 2024.

Questo è quello che emerge dal recente report del Cer per Confesercenti, che ha analizzato l’impatto dei rinnovi contrattuali sulla spesa delle famiglie.
Nello studio si dice:

“Una riforma del fisco che detassi gli aumenti retributivi consentirebbe di generare ben 4 miliardi di consumi in più e avere un impatto positivo sul Pil di 2,4 miliardi”.

I dati sono positivi soprattutto grazie al miglioramento dell’occupazione, che ha consentito un maggiore gettito.

La situazione, però, è resa anche più complessa a causa dei tassi d’interesse, che aumentano i costi del credito, sia per le imprese che per i consumatori.

Si attende, quindi, il cambio della politica monetaria della Bce, sperando in una decisiva riduzione dei tassi d’interesse, che dovrebbe essere prevista per il mese di settembre.

Aumento salari in Italia: il ruolo dei rinnovi contrattuali

Secondo l’ultima rilevazione dell’Istat, a fine giugno erano 34 i grandi contratti che sono ancora in attesa di rinnovo, per un totale di 4,7 milioni di lavoratori.
Nel secondo trimestre del 2024, sono stati rinnovati tre accordi, tra i quali troviamo la distribuzione moderna organizzata e i pubblici esercizi.

Ma ne sono scaduti anche altri, come quello dei tessili e del trasporto merci su strada.
La situazione si farà “calda”, nei prossimi mesi, per i lavoratori pubblici, che attendono di vedere gli importi che il Governo inserirà nella prossima Legge di Bilancio.

Il primo test riguarderà il contratto dei ministeriali che, ad oggi, vede la contrapposizione tra Aran e sindacati. Questo contratto rappresenterà un apripista per gli altri contratti pubblici.

L’aumento previsto risulta essere più ampio, rispetto a quello degli anni passati, quasi sicuramente per poter recuperare la perdita di potere d’acquisto delle famiglie, a causa dell’inflazione nel biennio 2022/2023.

Secondo il report, comunque, la spinta generata dai rinnovi

“incontra dunque troppi freni che ne mitigano la portata. Per amplificarne l’impatto sull’economia, sarebbe utile, nell’ambito della riforma fiscale, detassare gli aumenti retributivi stabiliti dai contratti riconosciuti come comparativamente più rappresentativi. Un intervento di questo tipo contribuirebbe a contrastare la diffusione dei contratti pirata (che costano fino al 20% in meno perché ‘tagliano’ istituti indiretti e welfare bilaterale) e a far emergere l’elusione contributiva e fiscale, che si stima avere una dimensione del 30% del totale dei rapporti di lavoro”.