Tramite la risposta ad interpello numero 172/2024 l’Agenzia delle Entrate fornisce una panoramica sui casi in cui gli interessi passivi per ritardi fiscali risultano deducibili.
Una società, coinvolta in un contenzioso riguardante i prezzi di trasferimento, ha sollevato il quesito relativo al trattamento fiscale degli interessi passivi pagati per il ritardato versamento di imposte maggiorate. Tali somme erano state definite in seguito a una conciliazione con la Direzione regionale dell’Agenzia delle Entrate.
Il contenzioso in questione riguardava diverse annualità dal 2014 al 2018 e verteva sulla corretta remunerazione riconosciuta da una controllata estera alla società madre italiana, per la gestione di determinate attività trasferite nel 2008.
Che cosa si intende per interessi passivi?
Gli interessi passivi sono somme che un debitore è tenuto a pagare come compenso per l’utilizzo di capitali altrui. In pratica, rappresentano il costo che una persona o un’azienda sostiene per aver ottenuto un prestito o un finanziamento. Gli interessi passivi sono calcolati in base a una percentuale, detta tasso di interesse, applicata all’ammontare del debito.
Ad esempio, se un’azienda prende in prestito denaro da una banca, gli interessi che dovrà pagare alla banca per l’uso di quel denaro rappresentano gli interessi passivi. Questi interessi sono considerati un costo finanziario e, in molti casi, possono essere dedotti dal reddito imponibile dell’azienda, riducendo così l’importo delle tasse dovute.
L’Agenzia delle Entrate chiarisce i casi in cui gli interessi passivi sono deducibili
Gli interessi passivi derivanti da atti di conciliazione tributaria o da accordi di adesione, relativi al ritardato pagamento dell’IRES e dell’IRAP, possono essere dedotti dagli imponibili fiscali, applicando le modalità di calcolo previste dal Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR). Tale deducibilità è indipendente dalla causa che ha generato tali interessi.
Questo principio risultava già espresso in una precedente risposta a interpello del 2022, in cui si affermava che la deducibilità degli interessi passivi dovuti per il ritardato pagamento di imposte deve essere determinata esclusivamente secondo le regole di calcolo previste dal TUIR, prescindendo dalla deducibilità del costo a cui essi sono associati.
La posizione dell’Amministrazione finanziaria è stata ulteriormente confermata dalla Risoluzione n. 178 del 2001, che aveva già chiarito come gli interessi passivi siano deducibili indipendentemente dall’evento che li ha generati o dalla natura del debito cui sono accessori. Anche in quel caso, si faceva riferimento a interessi passivi legati al differimento del pagamento di sanzioni imposte dalla Commissione Europea, sostenendo che non esistono limitazioni alla loro deducibilità in base al tipo di onere collegato.