La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 20290 del 23 luglio 2024, ha fornito alcuni chiarimenti in merito all’applicazione dell’IMU sugli immobili a uso misto.


La decisione della Corte si inserisce in un contesto in cui la parte ricorrente, un ente religioso, contestava l’accertamento IMU emesso dal Comune di Roma per l’anno 2013. La controversia verteva sulla qualificazione di un immobile utilizzato in parte per finalità religiose e in parte per scopi commerciali. Il contribuente aveva dichiarato l’intera unità come esente da IMU, nonostante una parte fosse locata a terzi per attività commerciali.

Che cosa si intende per unità immobiliare a utilizzazione mista?

Gli immobili a uso misto sono proprietà immobiliari utilizzate contemporaneamente per diverse finalità, combinando, all’interno dello stesso edificio o complesso, destinazioni d’uso diverse. Ad esempio, un immobile a uso misto potrebbe avere una parte adibita a residenza (uso abitativo) e un’altra parte utilizzata per attività commerciali, professionali, produttive o di servizio (uso commerciale o non residenziale).

Ecco alcuni sempi comuni di immobili a uso misto:

  • residenziale e commerciale: un edificio che ospita appartamenti ai piani superiori e negozi o uffici al piano terra.
  • residenziale e produttivo: una proprietà in cui una parte è abitata dal proprietario e un’altra è utilizzata come laboratorio o piccola fabbrica.
  • religioso e commerciale: un immobile in cui una parte è destinata al culto (come una chiesa o un tempio) e un’altra parte viene affittata per attività commerciali (ad esempio, una libreria o un negozio).

In sintesi, il concetto di immobile a uso misto riflette la coesistenza di funzioni diverse in un’unica unità immobiliare, con possibili conseguenze fiscali e regolamentari specifiche in base alle normative applicabili.

IMU su immobili a uso misto: il parere della Cassazione

La Corte di Cassazione ha stabilito che in materia di IMU, per le unità immobiliari a utilizzo misto (adibite in parte ad attività di culto e in parte ad attività commerciale), l’esenzione di cui all’art. 7, comma 1, lett. i) del D.Lgs. n. 504/1992 si applica proporzionalmente alla porzione destinata ad attività non commerciale.

La Corte ha infatti ribadito che l’esenzione parziale è applicabile solo se è possibile identificare la frazione esente attraverso accatastamento o dichiarazione specifica. Nel caso in esame, né l’uno né l’altro adempimento era stato eseguito.

Ciò è valido anche quando non è possibile procedere a una autonoma identificazione catastale, purché vi sia una specifica indicazione nella dichiarazione IMU da parte del contribuente. La dichiarazione IMU è infatti fondamentale per ottenere l’esenzione e rappresenta un obbligo informativo alternativo all’accatastamento autonomo.

La Corte ha inoltre ritenuto irrilevante la natura sperimentale dell’IMU per il periodo 2013, sottolineando che le disposizioni riguardanti l’esenzione erano già allineate con le normative europee sugli aiuti di Stato, necessarie per evitare distorsioni della concorrenza.

Il testo della sentenza

Qui il documento completo.